Con Andrea G. Pinketts, scomparso oggi a Milano (dove era nato il 12 agosto 1961), perdiamo l’ultimo grande scrittore “scapigliato”. Del resto - lo ricordiamo a titolo di curiosità - il suo vero cognome (all'anagrafe era Andrea Giovanni Pinchetti) era proprio quello di un poeta della Scapigliatura storica, il comasco Giulio Pinchetti (morto suicida a 26 anni, l’8 giugno 1870, in seguito a due colpi d’arma da fuoco esplosi contro se stesso).
Capitava spesso di incontrare Pinketts in qualche bar sui Navigli, con l'immancabile bicchiere di whisky in una mano e l'altrettanto immancabile sigaro cubano nell'altra. Come il vecchio Giuseppe Rovani nell'Ottocento, Pinketts aveva fatto, ai giorni nostri, della tavola d'osteria (o, se si preferisce, di un moderno pub) la sua cattedra d'elezione, da cui incantava i lettori e soprattutto le lettrici (lui era sensibile al loro fascino, e spesso loro al suo).
La letteratura era una passione che incarnava nella vita, insieme scrittore e personaggio che ha assunto la dissacrazione come propria bandiera. Pinketts è stato, negli anni Novanta, uno dei vessilliferi del fenomeno degli scrittori pulp o “cannibali”, essendo presente nell'incunabolo di quel movimento letterario, l'antologia Gioventù cannibale (pubblicata da Einaudi nel 1996).
La letteratura era una passione che incarnava nella vita, insieme scrittore e personaggio che ha assunto la dissacrazione come propria bandiera. Pinketts è stato, negli anni Novanta, uno dei vessilliferi del fenomeno degli scrittori pulp o “cannibali”, essendo presente nell'incunabolo di quel movimento letterario, l'antologia Gioventù cannibale (pubblicata da Einaudi nel 1996).
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