domenica 30 aprile 2017

Una donna da proteggere


di Massimo Gramellini

Certe volte mi domando che cosa si debba fare in Italia per finire in galera e soprattutto per restarci. Reduce da un’onorata carriera di minacce e percosse alla ex moglie, a Torino un balordo spara al figlio e non lo uccide solo perché gli si inceppa la pistola. Lo arrestano l’8 marzo, festa della donna. Il 10 è fuori. Naturalmente con un solenne e assoluto divieto di avvicinamento ai familiari: è dai tempi delle gride manzoniane che le nostre leggi fanno la faccia cattiva con la coda tra le gambe. Il balordo è talmente preoccupato che la mattina dopo si rimette sulle tracce della ex. La povera donna, che se l’è sorbito per ventidue anni e questo è l’unico particolare della storia che non depone a suo favore, riceve in un giorno duecentosettantasei telefonate. Lui la ritrova, la picchia, torna in carcere. E siamo al 28 marzo. Giusto il tempo di un riposino ed eccolo di nuovo libero (ma il tentato omicidio del figlio è stato archiviato?). Libero di insultare e minacciare l’universo mondo. Lo rimettono dentro, eppure mercoledì scorso indovinate dov’è? Arresti domiciliari, intima il giudice di sorveglianza, scarcerandolo alle otto di sera. Quaranta minuti dopo è già al bar di famiglia, pronto a dare in escandescenze.

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domenica 23 aprile 2017

Giornata mondiale del libro, gli aforismi d’autore più belli sui libri e la lettura


MILANO – Non c’è giornata migliore di questa per dedicarvi al libro che avete sul comodino, al vostro autore preferito o alla poesia che non leggete da tempo. Perché il 23 aprile è la giornata internazionale dedicata proprio al libro: un giorno speciale per incoraggiare a scoprire il piacere della lettura e a valorizzare il contributo che gli autori danno al progresso sociale e culturale dell’umanità. Perché proprio oggi si festeggia la letteratura? Perché pare che, nel 1616, proprio in questo giorno morirono scrittori di grande calibro come William Shakespeare, Miguel De Cervantes e il peruviano Inca Garcilaso de la Vega.  Cercate per l’occasione una frase per comunicare proprio oggi la vostra passione per i libri? Leggete, assaporate e condividete.

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mercoledì 19 aprile 2017

Libere: il film che parla della Resistenza vista dagli occhi delle donne


Il 20 aprile uscirà nelle sale di tutta Italia Libere, il nuovo docufilm scritto e diretto dalla regista Rossella Schillaci. Distribuito da Lab 80 film in occasione della festa della Liberazione, Libere è un racconto sull’emancipazione femminile durante la Resistenza, un ritratto di un’epoca apparentemente lontana che ha ancora molto da insegnarci.

Il documentario raccoglie storie di ogni genere: i momenti di battaglia, il rapporto delle donne partigiane con la società, frammenti di vita quotidiana.

Questo film ha una particolarità: non vedrete volti narrare le vicende che segnarono l’Italia durante il conflitto, non vedrete sguardi segnati da rughe profonde perdersi in ricordi di un tempo lontanissimo. Libere è fatto di tante voci fuori campo, voci flebili e sottili ma cariche di intensità. Niente volti, niente nomi. Solo limpide voci di donne che accompagnano immagini e video d’epoca. Due mani frugano tra le fonti conservate presso l‘Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza, recuperando metri e metri di pellicole, vecchi articoli di giornale, fotografie, cinegiornali, documenti personali. Sono le mani della storia, che dispiegano frammenti di vita sotto ai nostri occhi come tanti piccoli quadri. Quadri da ammirare per la loro incredibile bellezza, ma soprattutto quadri che fanno riflettere. La sola presenza di voci e video non rende la cosa meno intima e più impersonale, ma suggerisce l’idea che non sono importanti i nomi, i titoli, le onorificenze. Ciò che resta sono le azioni, le parole, i sentimenti e il profondo messaggio che queste cose portano dentro di loro. 

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martedì 18 aprile 2017

Il fotoreporter di Rashideen: "Non mi sento un eroe, a volte bisogna aiutare invece di fare foto"


Intervista a Abd Alkader Habak, il reporter di 23 anni le cui immagini mentre soccorre i bambini feriti nell'attentato hanno fatto il giro del mondo 




"SI, ERO DISPERATO, piangevo senza sosta mentre provavo a salvare quel povero bambino e correvo il più veloce possibile verso l'ambulanza. Respirava a fatica. Mentre scappavo e piangevo sempre più forte, ho pensato al gas sarin che ha soffocato i poveri bambini di Khan Shaykun lo scorso 4 aprile. Quel giorno ho visto tanti piccoli morti, ma sono arrivato tardi e non ho potuto salvare nessuno. Stavolta invece una vita l'ho salvata, il destino ha voluto che io fossi lì".

Abd Alkader Habak ha 23 anni, è un giornalista siriano e sabato scorso era anche lui nei pressi di Aleppo, per documentare l'arrivo di civili in fuga da Foua e Kefraya, due villaggi siriani circondati dai miliziani anti Assad. Era un accordo mediato da Iran e Qatar: i cittadini (e combattenti) sciiti assediati nelle enclave sunnite in cambio di sunniti e ribelli intrappolati altrove. Poi un'esplosione devastante ha squarciato l'ennesima esile tregua della Siria: un kamikaze su un'auto che apparentemente portava aiuti si è lanciata contro gli autobus di civili in attesa di arrivare ad Aleppo: 126 morti. Tra questi 68 bambini. Un'ecatombe. Habak salva una vita e poi scoppia a piangere sul prato insanguinato, in una foto drammatica che fa il giro del mondo. Habak risponde a Repubblica via WhatsApp: è sunnita e anche sui social network non fa mistero di essere un fermo oppositore di Assad.

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domenica 16 aprile 2017

Il sasso...

C’era un tempo, al centro di una strada, un sasso.

Un uomo un po’ sbadato e con la testa tra le nuvole v’inciampò. Maledicendolo mentre si rialzava, si pulì i vestiti dalla polvere e si allontanò, senza prestargli troppa più attenzione.
Poco dopo, passò di lì un altro uomo, decisamente meno sbadato del primo, ma anche molto più arrabbiato. Pieno d’astio e di violenza, prese quel sasso e se lo mise in tasca. Lo portò con sé fino al villaggio, e lì lo utilizzò per tirarlo in testa ad un altro uomo con cui aveva un conto in sospeso. E così lo ammazzò.

Il sasso rimase lì, in quel giardino abbandonato, per anni. Finché un imprenditore non arrivò e lo prese per costruire una nuova casa nel villaggio che sempre più si stava espandendo.
E simile a quel sasso, se non un po’ più scuro nei colori, era quello che il contadino del terreno a fianco usava ogni giorno per sedersi all’ombra di un pesco e riposarsi, e che poi i suoi nipoti utilizzavano per giocare, facendolo diventare ogni tipo di oggetto fantastico.

Un giovane, notando tutto questo, corse dal suo maestro tormentato da una domanda.
“A cosa servono, dunque, i sassi?”
Il Maestro fece un sorriso e, senza pensarci troppe volte, rispose:
“Mio caro allievo, come hai ben visto, in ognuno dei casi che tu mi racconti la differenza non l’ha fatta il sasso, ma l’uomo che l’ha utilizzato. Così il sasso serve a farti capire il grande potere della tua volontà e a dimostrarti che non c’è pietra che tu non possa sfruttare per crescere e migliorare, o uccidere e distruggere. Il sasso serve per scegliere”.

Fonte

mercoledì 12 aprile 2017

Luoghi attorno a noi, con tanta storia e sacrifici.

....da un racconto di Marisa Morassi.....

Il Santuario di Madonna Cà del Bello

11 Aprile 1945 : tre partigiani del distaccamento di Dernice stanno tornando verso il loro drappello ; in giro si sente già il profumo della primavera ma più che altro il profumo della fine della guerra.
Sono questi i motivi che fanno abbandonare ai tre uomini anche le minime norme di sicurezza, ridono scherzano, gridano , ma appena passato il santuario di Cá del Bello, una pattuglia di tedeschi è di guardia sulla mulattiera per proteggere una colonna che sta rastrellando il paese di Malvino.
I tedeschi sentendo le voci si nascondono e appena i tre partigiani sono passati gli sparano alle spalle.
Uno dei tre si butta nel bosco e scappa, Emilio Gambari (Ottimo) dal bordo della strada risponde con una raffica di mitra ma è ferito allo sterno da una pallottola di rimbalzo, il terzo , che comandava il drappello, Ghion Rino (Tricoli) è ferito gravemente alla schiena e giace sul sentiero accanto al cavallo già rimasto ucciso.
"Ottimo " visto che da solo non può fare nulla corre indietro da dove erano arrivati perché lungo la strada avevano incontrato dei compagni , cercando il modo di chiedere aiuto; riesce ad avvertirli, e , arrivato alla cascina Rughè , le sorelle Piera e Conci Merlo riescono a togliergli la pallottola con un paio di pinzette.
Intanto " Tricoli" viene accerchiato dai tedeschi che senza pensarci un attimo lo uccidono a sassate e mentre lo fanno un testimone dice di averli sentiti ridere e gridare. Questa è una storia molto lunga ,qui mi sono permessa di riassumerla brevemente,.


Vorrei però ricordare tutti i milioni di Ghion Rino (Tricoli) che sono morti per la libertà e dire a loro GRAZIE!


Foto di Nadia Fantone

Guida ai Luoghi della Memoria: Val Borbera (AL)


venerdì 7 aprile 2017

Ho imparato che...


Ho imparato che spesso le persone  non comprendono quello che hanno davanti e spesso non lo apprezzano. 
Ho imparato che da un giorno all’altro tutto può cambiare,  ho imparato che non c’è cosa più bella e difficile  che potersi fidare di qualcuno,  ho imparato ad accettare le delusioni  o comunque a non dargli troppo peso.  
Ho imparato ad andare avanti  anche quando l’unica persona con cui vorresti parlare  è la stessa che ti ha ferito, ho imparato che questo molte persone non l’hanno mai capito.  
Ho imparato che più dai e meno ricevi. 
Che ignorare i fatti non cambia i fatti.  i vuoti non sempre possono essere colmati.   
Che le grandi cose si vedono dalle piccole cose.   
Che la ruota gira, ma quando ormai non te ne frega più niente.   
E soprattutto quello che più mi piace della vita  è che non si finisce mai di imparare.

Fabio Volo

martedì 4 aprile 2017

Le lacrime del cliente

Un poliziotto cerca tracce dopo l'assassinio di Ana Maria Stativa
Grazie alla mail di un cliente di Ana

Mi scrive il cliente di una donna che si prostituiva, uccisa la settimana scorsa a Bologna. Via Varthema, due passi dai giardini Margherita. Meno di quarant’anni lui, meno di trent’anni lei. Un uomo e una donna giovani, entrambi sposati, figli piccoli. Mi scrive, quest’uomo e racconta in modo semplice e crudo di quando la frequentava: di come lui si togliesse la fede, prima, e lei sorridesse guardando quel gesto. Delle parole corse tra loro, del dolore per la sua morte.
Si chiamava Ana Maria Stativa, aveva quasi trent’anni. La settimana scorsa nelle pagine di cronaca la confessione dell’assassino, un cliente abituale: Francesco Serra, 55 anni, di Vergato, professione meccanico. Solo, separato dalla moglie. Lei gli aveva detto che sarebbe tornata a casa per Pasqua, in Romania, aveva una madre anziana e due figli piccoli. Lui temeva che non sarebbe tornata in Italia e che non l’avrebbe più vista, ha spiegato durante l’interrogatorio. Per questo. Non riusciva a convincerla a restare. Così ha preso una pistola di quelle con cui si uccidono i maiali, una sparachiodi, è andato all’appartamento, è entrato, l’ha uccisa con un colpo alla nuca. Sei minuti in tutto, raccontano le telecamere del condominio. Se non resti con me ti ammazzo, la spiegazione d’abitudine. Ora ecco cosa scrive l’uomo, un altro cliente, che l’ha incontrata alcune settimane prima.

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domenica 2 aprile 2017

Considero...


Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca.
Considero valore il regno minerale, l'assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finché dura il pasto, un sorriso involontario,
la stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano.
Considero valore quello che domani non varrà più niente e quello che oggi vale ancora poco.


Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe,
tacere in tempo, chiedere permesso prima di sedersi, provare gratitudine senza ricordare di che.

Considero valore sapere in una stanza dov'è il nord,
qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato,
Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca, la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.

Considero valore l'uso del verbo amare e l'ipotesi che esista un creatore.

Molti di questi valori non ho conosciuto.

Erri De Luca
(Da " Opera sull'acqua e altre poesie")

I dieci versi dalle canzoni di Battiato da appuntarsi e non dimenticare

Il cantautore, morto ieri nella sua residenza di Milo, era nato a Jonia il 23 marzo del 1945. Ha spaziato tra una grande quantità di generi,...