C’era un tempo, al centro di una strada, un sasso.
Un uomo un po’ sbadato e con la testa tra le nuvole v’inciampò.
Maledicendolo mentre si rialzava, si pulì i vestiti dalla polvere e si
allontanò, senza prestargli troppa più attenzione.
Poco dopo, passò di lì un altro uomo, decisamente meno sbadato del
primo, ma anche molto più arrabbiato. Pieno d’astio e di violenza, prese
quel sasso e se lo mise in tasca. Lo portò con sé fino al villaggio, e
lì lo utilizzò per tirarlo in testa ad un altro uomo con cui aveva un
conto in sospeso. E così lo ammazzò.
Il sasso rimase lì, in quel giardino abbandonato, per anni. Finché un
imprenditore non arrivò e lo prese per costruire una nuova casa nel
villaggio che sempre più si stava espandendo.
E simile a quel sasso, se non un po’ più scuro nei colori, era quello
che il contadino del terreno a fianco usava ogni giorno per sedersi
all’ombra di un pesco e riposarsi, e che poi i suoi nipoti utilizzavano
per giocare, facendolo diventare ogni tipo di oggetto fantastico.
Un giovane, notando tutto questo, corse dal suo maestro tormentato da una domanda.
“A cosa servono, dunque, i sassi?”
Il Maestro fece un sorriso e, senza pensarci troppe volte, rispose:
“Mio caro allievo, come hai ben visto, in ognuno dei casi che tu mi
racconti la differenza non l’ha fatta il sasso, ma l’uomo che l’ha
utilizzato. Così il sasso serve a farti capire il grande potere della
tua volontà e a dimostrarti che non c’è pietra che tu non possa
sfruttare per crescere e migliorare, o uccidere e distruggere. Il sasso
serve per scegliere”.
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