domenica 30 aprile 2017

Una donna da proteggere


di Massimo Gramellini

Certe volte mi domando che cosa si debba fare in Italia per finire in galera e soprattutto per restarci. Reduce da un’onorata carriera di minacce e percosse alla ex moglie, a Torino un balordo spara al figlio e non lo uccide solo perché gli si inceppa la pistola. Lo arrestano l’8 marzo, festa della donna. Il 10 è fuori. Naturalmente con un solenne e assoluto divieto di avvicinamento ai familiari: è dai tempi delle gride manzoniane che le nostre leggi fanno la faccia cattiva con la coda tra le gambe. Il balordo è talmente preoccupato che la mattina dopo si rimette sulle tracce della ex. La povera donna, che se l’è sorbito per ventidue anni e questo è l’unico particolare della storia che non depone a suo favore, riceve in un giorno duecentosettantasei telefonate. Lui la ritrova, la picchia, torna in carcere. E siamo al 28 marzo. Giusto il tempo di un riposino ed eccolo di nuovo libero (ma il tentato omicidio del figlio è stato archiviato?). Libero di insultare e minacciare l’universo mondo. Lo rimettono dentro, eppure mercoledì scorso indovinate dov’è? Arresti domiciliari, intima il giudice di sorveglianza, scarcerandolo alle otto di sera. Quaranta minuti dopo è già al bar di famiglia, pronto a dare in escandescenze.

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