sabato 27 febbraio 2016

Per farmi amare da un torturatore l’ho torturato

Si parla molto di violenza sulle donne, ma poco di quella meno visibile e più infida: la violenza psicologica. Lui era bello, sbruffone e insicuro.
A 23 anni, per la prima volta trovavo qualcuno che mi tenesse testa, e ho perso il lume della ragione. Da sempre indipendente e testarda, ho iniziato a vivere per lui e per quello che voleva. Quanto quella sua cupezza fosse il sintomo di un mondo interiore mai affrontato, l’ho capito presto, ma ormai troppo tardi. Per tre anni ho cercato di tirarlo fuori dal suo gorgo, finendone risucchiata. Quell’amore ci ha resi schiavi l’uno dell’altra, ci ha fatto perdere il sonno, l’appetito, la serenità, ci ha fatto pronunciare frasi malate che mai ho avuto il coraggio di riferire a nessuno: «Se mi lasci ti ammazzo». Gli ho permesso di farmi sentire inadeguata, mai abbastanza bella o magra o intelligente. Dopo aver cercato di dimostrargli che meritavo di stare con lui, ho pensato che per farmi apprezzare dovevo essere come lui. Il bello dello stare con una persona è conoscerne anche le debolezze, e non è ancora meglio sapere che esattamente lì devi infilare la lama? Non è magnifica l’adrenalina che ti sale quando metti alla prova l’altro, lo torturi, lo porti fino al limite, e poi lo richiami a te? E siccome torna sempre, la volta dopo gli potrai fare più male. Me lo sono lasciato alle spalle da mesi, eppure questa ferita aperta, infettata, me la porto addosso. Sono tossica: da dove riparto? Non mi dire che ho la vita davanti.


M.

 
Conservo nello zaino una collezione di frasi di buon senso a cui attingere nei momenti di disperazione e di pigrizia, ma «hai la vita davanti» te la risparmierò. Non l’ho mai sopportata neanch’io. Come quel «morto un papa se ne fa un altro» con cui durante l’adolescenza gli amici tentarono di liquidare la mia prima sofferenza amorosa. Perché se ne farà pure un altro, di papa, ma solo dopo avere pianto e seppellito il defunto con tutti gli onori.

(...)

Massimo Gramellini

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mercoledì 24 febbraio 2016

Una storia commovente

Un figlio porta il padre a cena in un ristorante . Il Padre era anziano e quindi debole e non completamente autosufficiente.
Mentre mangiava, un po' di cibo gli cadeva sulla camicia e sui pantaloni. Gli altri clienti osservavano il vecchio con stupore, ma suo figlio rimase tranquillo continuando la cena ed una volta che entrambi finirono di mangiare, il figlio, senza mostrare nessun imbarazzo e con assoluta tranquillità prese il padre e lo porto' in bagno per pulirgli il viso cercando anche di togliere le macchie di cibo dai suoi vestiti; amorevolmente poi gli ha pettinato i capelli grigi e finalmente gli ha rimesso gli occhiali.
All'uscita del bagno, un profondo silenzio regnava nel ristorante. Il Figlio si avvicina alla cassa per pagare il conto ma prima di uscire , un uomo anziano, si alzò dal tavolo e chiese al figlio : " non ti sembra che hai lasciato qualcosa qui? "
Il giovane rispose: "No, non ho lasciato nulla". Allora l'anziano disse :"
Sì hai lasciato qualcosa!
Hai lasciato qui una lezione per ogni figlio, e una speranza per ogni genitore!"
L' intero ristorante era così silenzioso, che si poteva ascoltare cadere uno spillo.
Uno dei più grandi onori che esistono, è potersi prendere cura dei nostri genitori che hanno sacrificato le loro vite, il loro tempo per noi.
Per questo meritano il nostro massimo rispetto. Se anche tu provi rispetto per gli anziani, condividi questa storia con tutti i tuoi amici.

 
Prendiamoci  cura dei nostri genitori e degli anziani!!!


Fonte: Un bolzanino

 

martedì 23 febbraio 2016

LETTERA DI UMBERTO ECO AL SUO NIPOTINO


L’Espresso ha pubblicato ieri questa meravigliosa lettera di Umberto Eco al suo nipotino. Ognuno di noi dovrebbe leggerla e prendere esempio, per imparare a sfruttare la memoria e le capacità cognitive che possediamo ma che non sviluppiamo mai a sufficienza.


Caro nipotino mio,
non vorrei che questa lettera natalizia suonasse troppo deamicisiana, ed esibisse consigli circa l’amore per i nostri simili, per la patria, per il mondo, e cose del genere. Non vi daresti ascolto e, al momento di metterla in pratica (tu adulto e io trapassato) il sistema di valori sarà così cambiato che probabilmente le mie raccomandazioni risulterebbero datate. Quindi vorrei soffermarmi su una sola raccomandazione, che sarai in grado di mettere in pratica anche ora, mentre navighi sul tuo iPad, né commetterò l’errore di sconsigliartelo, non tanto perché sembrerei un nonno barbogio ma perché lo faccio anch’io. Al massimo posso raccomandarti, se per caso capiti sulle centinaia di siti porno che mostrano il rapporto tra due esseri umani, o tra un essere umano e un animale, in mille modi, cerca di non credere che il sesso sia quello, tra l’altro abbastanza monotono, perché si tratta di una messa in scena per costringerti a non uscire di casa e guardare le vere ragazze. Parto dal principio che tu sia eterosessuale, altrimenti adatta le mie raccomandazioni al tuo caso: ma guarda le ragazze, a scuola o dove vai a giocare, perché sono meglio quelle vere che quelle televisive e un giorno ti daranno soddisfazioni maggiori di quelle on line. Credi a chi ha più esperienza di te (e se avessi guardato solo il sesso al computer tuo padre non sarebbe mai nato, e tu chissà dove saresti, anzi non saresti per nulla).

Ma non è di questo che volevo parlarti, bensì di una malattia che ha colpito la tua generazione e persino quella dei ragazzi più grandi di te, che magari vanno già all’università: la perdita della memoria.

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lunedì 22 febbraio 2016

Giardino giapponese: marito pianta più di 100 fiori per la moglie cieca

Una dolcissima storia d’amore lunga 56 anni e centinaia di fiori rosa a testimoniare l’affetto di un uomo per la sua compagna. Teatro di questa tenera vicenda è il Giappone e protagonisti sono il signore e la signora Kuroki, proprietari di quella che oggi è anche un’attrazione turistica per veri romantici: una sconfinata distesa di fiori profumati, nata dalla perseveranza di Mr. Kuroki, determinato a far tornare il sorriso alla moglie privata della vista. A raccontarla è il Telegraph.

Tutto ha inizio dieci anni fa, con la pensione, quando la coppia decide di godersi il meritato riposo visitando finalmente il Paese. Ma alcune complicazioni dovute al diabete tolgono nell’arco di una sola settimana la vista e la gioia di vivere alla signora Kuroki, che caduta in depressione si chiude in casa. Pensando che qualche visitatore potesse aiutarla a sconfiggere la tristezza, il signor Kuroki ha così iniziato a piantare alcuni fiori shibazakura in giardino, nella speranza che il rosa acceso attraesse i curiosi e che la moglie, pur non potendoli vedere, ne sentisse comunque il delicato profumo.

Dopo due anni di duro lavoro il risultato è stato strabiliante: non solo una marea di fiori rosa ha invaso la casa e il terreno circostante, ma i visitatori sono arrivati a migliaia per fare compagnia alla signora. Sono 7.000 i curiosi che in primavera arrivano ogni giorno per visitare la splendida fioritura rosa nata per amore e conoscere la coppia.

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sabato 13 febbraio 2016

Ieri mi è capitata una cosa singolare.



Ero in un ospedale milanese con mia mamma ed a un certo punto è arrivato il prof. Mario Monti con sua moglie.
La signora Monti si doveva sottoporre alla stesso intervento per il quale era in attesa anche mia mamma.
La cosa inaspettata è che il Professore è arrivato senza scorta, ha fatto la coda come chiunque e la moglie ha aspettato il suo turno come chiunque.
È rimasto seduto sulle scale in attesa per tutto il tempo, poco prima c'era anche la moglie, nessun salottino privato o quant'altro.
Ha parlato con chiunque gli chiedesse qualcosa senza nessun problema ed ha lavorato tutto il tempo.
Vorrei dedicare tutto ciò a quei beceri che ci rappresentano che in continuazione sfruttano la loro posizione per avere un proprio tornaconto sempre e comunque.
Il senso di tutto è che quando si è grandi lo si è senza bisogno di doverlo palesare ed ostentare !
Personalmente resto con un solo dubbio ........ non so se preferisca l'acqua gassata o naturale !
Complimenti


Luca Gaspari

domenica 7 febbraio 2016

Mia madre al pronto soccorso, e quel bacio

Dopo 11 ore nel pronto soccorso dell’ospedale SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo di Alessandria, ho creduto ci avessero dimenticato. Poi ho iniziato a osservare i volti dei dottori e infermieri che di ora in ora cambiavano fisionomia per la stanchezza, gli occhi con il panico di chi deve ogni minuto decidere chi far passare prima, le voci frustrate che al telefono imploravano i reparti per trovare un letto ai più gravi. Al cambio turno la dottoressa Simo ci fa entrare, sorride e, mentre cerca di fermare l’emorragia alla mia mamma, le posa un bacio sulla guancia.

C’è tutto in quel bacio: la stanchezza, le scuse per averci fatto aspettare, la gioia per essere riuscita a vedere negli esami, tra centinaia di valori, uno che nessuno aveva notato, e che spiegava quello che stava accadendo. Ho sentito dottoresse promettere ai figli che sarebbero andate a casa di lì a poco, ma continuare a lavorare oltre il turno, a combattere con strutture inadeguate, in cambio di un «grazie» dai pazienti, se va bene; di insulti, se va male. Di queste persone e delle loro battaglie quotidiane non importa a nessuno: ne scriva lei. —SIMONA

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I dieci versi dalle canzoni di Battiato da appuntarsi e non dimenticare

Il cantautore, morto ieri nella sua residenza di Milo, era nato a Jonia il 23 marzo del 1945. Ha spaziato tra una grande quantità di generi,...