mercoledì 21 agosto 2019

Per conto di D’Io

Più che una crisi di governo, è una crisi mistica. La Trinità al centro dell’inquadratura: Conte, Salvini e Di Maio. Padre, Figlio e Spirito Stanco. La presidente del Senato in viola quaresima. Salvini che si ingobbisce sulla sedia per sbaciucchiare il rosario come una beghina. Renzi, l’ego della bilancia, che legge un passo del vangelo «ovviamente secondo Matteo». Salvini, in attesa delle stimmate, che cita papa Wojtyła e raccomanda l’Italia al cuore immacolato di Maria. Toninelli concentrato al punto da sembrare illuminato, o fulminato. C’è persino un miracolo, la resurrezione di Scilipoti. Bisogna riconoscerlo: in quasi mezzo secolo di potere la DC, che pure si chiamava Cristiana, non arrivò mai a tanto. Scalfaro aveva la spilla dell’Azione Cattolica all’occhiello, ma non la brandiva di continuo. Quanto a De Gasperi, si limitava ad andare a messa con Andreotti. Uno parlava con Dio e l’altro col prete, scrisse una volta Montanelli. Sì, ma a me il prete rispondeva, chiosò Andreotti, e la questione fini lì. 

di Massimo Gramellini

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giovedì 15 agosto 2019

Litanìa

Genova mia città intera.
Geranio. Polveriera.
Genova di ferro e aria,
mia lavagna, arenaria.Genova città pulita.
Brezza e luce in salita.
Genova verticale,
vertigine, aria scale.Genova nera e bianca.
Cacumine. Distanza.
Genova dove non vivo,
mio nome, sostantivo.

Genova mio rimario.
Puerizia. Sillabario.
Genova mia tradita,
rimorso di tutta la vita.
Genova in comitiva.
Giubilo. Anima viva.
Genova in solitudine,
straducole, ebrietudine.
Genova di limone.
Di specchio. Di cannone.
Genova da intravedere,
mattoni, ghiaia, scogliere.
Genova grigia e celeste.
Ragazze. Bottiglie. Ceste.
Genova di tufo e sole,
rincorse, sassaiole.
Genova tutta tetto.
Macerie. Castelletto.
Genova d’aerei fatti,
Albaro, Borgoratti.
Genova che mi struggi.
Intestini. Caruggi.
Genova e così sia,
mare in un’osteria.
Genova illividita.
Inverno nelle dita.
Genova mercantile,
industriale, civile.
Genova d’uomini destri.
Ansaldo. San Giorgio. Sestri.
Genova in banchina,
transatlantico, trina.
Genova tutta cantiere.
Bisagno. Belvedere.
Genova di canarino,
persiana verde, zecchino.Genova di torri bianche.
Di lucri. Di palanche.
Genova in salamoia,
acqua morta di noia.Genova di mala voce.
Mia delizia. Mia croce.
Genova d’Oregina,
lamiera, vento, brina.

Genova nome barbaro.
Campana. Montale, Sbarbaro.
Genova dei casamenti
lunghi, miei tormenti.
Genova di sentina.
Di lavatoio. Latrina.
Genova di petroliera,
struggimento, scogliera.
Genova di tramontana.
Di tanfo. Sottana.
Genova d’acquamarina,
area, turchina.
Genova di luci ladre.
Figlioli. Padre. Madre.
Genova vecchia e ragazza,
pazzia, vaso, terrazza.
Genova di Soziglia.
Cunicolo. Pollame. Trilia.
Genova d’aglio e di rose,
di Pré, di Fontane Masrose.
Genova di Caricamento.
Di Voltri. Di sgomento.
Genova dell’Acquasola,
dolcissima, usignuola.
Genova tutta colore.
Bandiera. Rimorchiatore.
Genova viva e diletta,
salino, orto, spalletta.
Genova di Barile.
Cattolica. Acqua d’Aprile.
Genova comunista,
bocciofila, tempista.
Genova di Corso Oddone.
Mareggiata. Spintone.
Genova di piovasco,
follia, Paganini, Magnasco.Genova che non mi lascia.
Mia fidanzata. Bagascia.
Genova ch’è tutto dire,
sospiro da non finire.Genova quarta corda.
Sirena che non si scorda.
Genova d’ascensore,
paterna, stretta al cuore.

Genova mio pettorale.
Mio falsetto. Crinale.
Genova illuminata,
notturna, umida, alzata.
Genova di mio fratello.
Cattedrale. Bordello.
Genova di violino,
di topo, di casino.
Genova di mia sorella.
Sospiro. Maris Stella.
Genova portuale,
cinese, gutturale.
Genova di Sottoripa.
Emporio. Sesso. Stipa.
Genova di Porta Soprana,
d’angelo e di puttana.
Genova di coltello.
Di pesce. Di mantello.
Genova di lampione
a gas, costernazione.
Genova di Raibetta.
Di Gatta Mora. Infetta.
Genova della Strega,
strapiombo che i denti allega.
Genova che non si dice.
Di barche. Di vernice.
Genova balneare,
d’urti da non scordare.
Genova di “Paolo & Lele”.
Di scogli. Furibondo. Vele.
Genova di Villa Quartara,
dove l’amore s’impara.
Genova di caserma.
Di latteria. Di sperma.
Genova mia di Sturla,
che ancora nel sangue mi urla.Genova d’argento e stagno.
Di zanzara. Di scagno.
Genova di magro fieno,
canile, Marassi, Staglieno.Genova di grige mura.
Distretto. La paura.
Genova dell’entroterra,
sassi rossi, la guerra.

Genova di cose trite.
La morte. La nefrite.
Genova bianca e a vela,
speranza, tenda, tela.
Genova che si riscatta.
Tettoia. Azzurro. Latta.
Genova sempre umana,
presente, partigiana.
Genova della mia Rina.
Valtrebbia. Aria fina.
Genova paese di foglie
fresche, dove ho preso moglie.
Genova sempre nuova.
Vita che si ritrova.
Genova lunga e lontana,
patria della mia Silvana.
Genova palpitante.
Mio cuore. Mio brillante.
Genova mio domicilio,
dove m’è nato Attilio.
Genova dell’Acquaverde.
Mio padre che vi si perde.
Genova di singhiozzi,
mia madre, Via Bernardo Strozzi.
Genova di lamenti.
Enea. Bombardamenti.
Genova disperata,
invano da me implorata.
Genova della Spezia.
Infanzia che si screzia.
Genova di Livorno,
Partenza senza ritorno.
Genova di tutta la vita.
Mia litania infinita.
Genova di stocafisso
e di garofano, fisso
bersaglio dove inclina
la rondine: la rima.

Fonte testo

sabato 10 agosto 2019

Condivido (e vorrei che venisse condiviso):


"Solo un paese che ha smarrito il più elementare alfabeto civile e costituzionale può assistere in silenzio a un vicepremier di minoranza di un esecutivo che apre la crisi di governo, convoca il Parlamento ed evoca lo scioglimento delle Camere, come se fosse contemporaneamente il Presidente del Consiglio e il Presidente della Repubblica in carica.


Tangentopoli nera

Solo un paese che ha perso ogni dignità può accettare senza battere ciglio che un capopartito chieda di essere investito di “pieni poteri”, neanche fossimo nell’ottobre del ‘22.

Solo un paese che ha perduto completamente il senso delle istituzioni può rimanere zitto mentre un ministro si rivolge a parlamentari della Repubblica eletti invitandoli ad “alzare il c***” e presentarsi in Aula il prossimo lunedì, come se fossero pedine alle sue dipendenze.


Non siamo più di fronte alle sbruffonate di un cialtrone sulla spiaggia con un Mojito in mano. Queste sono prove tecniche di regime. E, se può fare tutto questo, se può spingersi tanto in là, non è solo per i 10 milioni di italiani che lo applaudono, ma per i 50 che stanno zitti.


Ogni nostro silenzio, ogni nostro arretramento, è un segnale di resa delle democrazia e delle istituzioni. È una tacca in più nella discesa verso l’abisso e un piccolo assaggio di quello che sarà. I campanelli d’allarme nella storia suonano sempre fortissimi, solo che non ci sono mai abbastanza orecchie ad ascoltarli."


Lorenzo Tosa


I dieci versi dalle canzoni di Battiato da appuntarsi e non dimenticare

Il cantautore, morto ieri nella sua residenza di Milo, era nato a Jonia il 23 marzo del 1945. Ha spaziato tra una grande quantità di generi,...