lunedì 30 marzo 2015

IL TUO VISO IMPRIGIONATO NELLA MIA SCATOLA NERA

Posto A23. Vicino al finestrino. Mi sono chiesta se la hostess ha capito che preferisco avere il vuoto sotto i piedi mentre guardo negli occhi le nuvole o se è stata solo fortuna. Già, la fortuna. Ho sistemato le mie cose nella cappelliera e mi sono seduta in silenzio. Ho trattenuto un attimo il respiro quando l’aereo ha iniziato a muoversi, lo faccio sempre perché i decolli come gli atterraggi mi mettono un po’ a disagio. Così ho deciso di pensarti. Domani verrò da te. Non te lo aspetti. Ho anticipato il volo perché finalmente ho capito che restare lontani non aveva più senso. È successo qualche sera fa. Passeggiavo per le strade di una città straniera e il tuo pensiero mi si è gonfiato nella pancia. Ho fatto ancora qualche passo ed è stato tutto chiaro. Ho afferrato il telefono e al suono della tua voce ho strillato: “perdonami, torno a casa…”. Ho sentito il rumore del tuo sorriso. La migliore delle risposte. Ora sono qui a fissare il cielo che sembra immobile come tutto quello che mi circonda, gli sguardi delle hostess, le mani dei passeggeri e l’aria che respiriamo. Guardo l’orologio e le ore che mi separano da te sono diventate una manciata di minuti. Otto esatti. Ma in otto minuti puoi chiedere una spiegazione, prepararti un caffè, allenare i tuoi addominali o chiamare un vecchio amico per fare due chiacchiere. Non puoi cambiare la tua vita e nemmeno quella di chi ami. Per certe cose ci vuole più tempo, lo sanno tutti. È una questione di rispetto. Incrocio gli sguardi di chi, come me, ha compreso ma non dice una parola. Siamo quelli seduti vicino ai finestrini, quelli che possono guardare fuori per distrarsi e dormire senza essere disturbati. Siamo quelli che possono fissare prima il vuoto e poi le rocce avvicinarsi. Manca poco ma tutto sembra essersi bloccato, tranne il mio cuore. Dovrei mettere la testa tra le gambe come ci hanno insegnato appena saliti ma non lo faccio perché so che non servirà a nulla. Emetto un piccolo grido, l’ultimo che non riesco a trattenere e decido di pensare al tuo viso così quando scandaglieranno la mia scatola nera capirai che facevo sul serio perché, a volte, in otto minuti puoi solo permetterti di avere paura, smettere di guardare fuori e rivolgerti a Dio.

Sara Rattaro

autrice di Niente è come te (Garzanti editore)

martedì 17 marzo 2015

Cos’è il dolore?

Cos’è il dolore?
Quel dolore che ti lacera la mattina quando ti svegli, che ti accompagna la notte mentre suonano i rintocchi del tuo cuore come una continua tortura.
Quel dolore che ti sveglia quando ti chiedi perché esisti.

Cosa si cela dietro un sorriso … pochi se lo sono chiesti, troppo pochi.
Tutti presi dalle apparenze di questo mondo frenetico che non ci lascia il tempo di chiedere all’altro “cosa c’è che non va?”
“Io l’ho chiesto spesso” molti risponderanno.
Ma quanti non si sono accontentati di un semplice “Niente, va tutto bene”?
È più semplice, pratico, rapido.

Ma in fondo dietro a quel “niente” molti sapevano che si nascondeva molto, ma la pazienza di scavare non l’abbiamo.
Scavare quando l’altro non vuole costa troppo tempo, troppa fatica.
Ieri è morto un ragazzo, si è suicidato, si è sparato nello sgomento di molti che credevano stesse bene, accontentati da un suo sorriso finto.

Il mondo oggi non sa più ascoltare ma solo fingere di farlo.
Il tasso di suicidi aumenta.
La solitudine attanaglia sempre più persone, la depressione avanza silenziosa.

Quanti si sentono rispondere: “Smettila di frignare, i tuoi non sono veri problemi, pensa alla fame nel mondo”, quanti poi soccombono a quei problemi.
È vero, c’è la fame nel mondo, ma c’è chi è così accecato dal proprio dolore,
per gli altri stupido, da non vederla.

“Sciocchi, ingigantiscono i problemi”, quanti lo hanno pensato.
Ma un problema sciocco copre la luce della vita, alcuni non vedono più la bellezza di un nuovo giorno, la speranza di migliorare, lo splendore della vita.

Se solo la smettessimo con la nostra presunzione di sapere tutto, sempre, di poter giudicare, sottovalutare.
Forse il tasso di suicidi diminuirebbe.

Fermiamoci e ascoltiamo le lamentele, tiriamo fuori il dolore.
A molti avremo semplicemente dato una spalla su cui piangere, una scusa in più per compiangersi, ad altri avremo salvato una vita.
Chi medita il suicidio è una persona fragile che ha bisogno di aiuto ma non riesce a chiederlo.
Magari alcuni di voi, mentre leggono, si trovano proprio nel ruolo di chi non riesce a chiedere aiuto.
Altri invece di chi non sa ascoltare …

Sentire di suicidi in tv non comunica molto.
Ma quando la persona in questione è una che hai visto spesso, il sangue si gela.
Tendiamo una mano ai bisognosi, non solo quelli evidenti.
Non lasciamo che le persone sole scompaiano, a rischio di perdere tempo.

Cerchiamo di mostrare che la vita può essere bella.
Buona giornata mondo di amici :)

Vietato calpestare i sogni ELisa 



martedì 3 marzo 2015

Per te

Per te,
che mi guardi
e vuoi leggermi
dentro.

Vuoi vedere il dolore?
Mi metto un po' di rossetto,
mi vesto di fiori
e guardo nel sole......

....ti fermi
sul mio finto sorriso,
e non t'accorgi
dell'ombra.

Ancora mi guardi il viso,
non hai parole....
io ho pudore,
ma tu nascondi il cuore.


Anna Maria Ferrari

Copyright 2013

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