lunedì 21 dicembre 2020

AIUTIAMO DON LUCIANO A CONTINUARE UN SOGNO

Ieri siamo stati a trovare il mitico don Luciano, a Dova Superiore, quinta tappa del cammino sociale. Un prete che non si dimentica, un "ribelle" che negli anni dello spopolamento dei paesi ha scelto insieme ad altri di tirare su una cooperativa per fare prodotti del territorio. E ci è riuscito.


Ci ha raccontato l'entusiasmo di aver visto arrivare tante belle persone attraverso il Cammino dei Ribelli, questa estate. Persone davvero interessate a capire l'essenza, la storia, l'energia di questi luoghi.
Ci ha raccontato anche che oggi il Maggiociondolo - l'agriturismo che ha così ben accolto a mangiare e a dormire centinaia di camminatori e camminatrici - è ad un punto di svolta, di cambiamento, che può segnare la sua fine.
Oppure, l'apertura di una fase nuova. E tutti noi davvero lo speriamo.
C'è un tempo per ogni cosa: adesso è il tempo di trovare nuove persone o una famiglia che vogliano prendere in gestione il Maggiociondolo, e continuare, rilanciare, una storia di resilienza, passione, ospitalità, vita rurale, auto-produzioni, turismo sostenibile.
Certo, una enorme sfida, in un luogo lontano, dal fascino grande, come grande è la scommessa di abitarlo.
Ma siamo convinti che tra tante persone che sognano e cercano l'opportunità di cambiare vita, possa esserci anche la persona giusta per continuare il sogno di Don Luciano. E allora gli abbiamo promesso che avremmo fatto girare il suo appello, indicando a chiunque fosse interessato concretamente ad approfondire la questione, di contattarlo e fargli visita.
(Grazie a Roberto D'Alessandro per la foto)

venerdì 20 novembre 2020

Temo un uomo di poche parole


l’arringatore posso superarlo il chiacchierone posso intrattenerlo ma colui che pondera mentre gli altri spendono tutto ciò che hanno di quest’uomo diffido temo ch’egli sia un grande E. Dickinson


giovedì 19 novembre 2020

Nell'antica Grecia...

 

Nell'antica Grecia Socrate aveva una grande reputazione di saggezza. Un giorno venne qualcuno a trovare il grande filosofo, e gli disse:

- Sai cosa ho appena sentito sul tuo amico?

- Un momento - rispose Socrate. - Prima che me lo racconti, vorrei farti un test, quello dei tre setacci.

- I tre setacci?

- Ma sì, - continuò Socrate. - Prima di raccontare ogni cosa sugli altri, è bene prendere il tempo di filtrare ciò che si vorrebbe dire. Lo chiamo il test dei tre setacci. Il primo setaccio è la verità. Hai verificato se quello che mi dirai è vero?

- No... ne ho solo sentito parlare...

- Molto bene. Quindi non sai se è la verità. Continuiamo col secondo setaccio, quello della bontà. Quello che vuoi dirmi sul mio amico, è qualcosa di buono?

- Ah no! Al contrario

- Dunque, - continuò Socrate, - vuoi raccontarmi brutte cose su di lui e non sei nemmeno certo che siano vere. Forse puoi ancora passare il test, rimane il terzo setaccio, quello dell'utilità. E' utile che io sappia cosa mi avrebbe fatto questo amico?

- No, davvero.

- Allora, - concluse Socrate, - quello che volevi raccontarmi non è né vero, né buono, né utile; perché volevi dirmelo?

Se ciascuno di noi potesse meditare e metter in pratica questo piccolo test... forse il mondo sarebbe migliore.

Fonte

sabato 14 novembre 2020

martedì 10 novembre 2020

Autunno

Quando la fantasia

scopre l’invenzione di se stessa
si stanca
di inventare la realtà
non esistono le ore, non esistono i giorni, l’esistenza e la vita si
confondono.

È questo il paradiso? O l’autunno?
l’inverno precede dunque l’autunno? È questa la cabala?
così come la guerra precede la pace.
l’acqua è acqua di pozzo, molli onde, concentriche.

Ciò che richiama il tuo incerto sorriso. Un ricordo oltre i mari, oltre
le colonne di sole. Le foglie girano e riportano indietro.

tu non immagini di vivere in un castello incantato, e
di svegliarti dopo trent’anni, credendo di aver dormito
dieci minuti

forse sono le ragnatele ad aver dormito, o forse abbia-
mo dormito entrambi. abbandonai
nei tuoi terrori i miei. l’autunno
è appena iniziato.

Carlo Bordini, 7 poesie

Addio Carlo Bordini, il poeta che parlava al cuore di tutti



.

venerdì 23 ottobre 2020

Autunno


Il gatto rincorre le foglie

secche sul marciapiede.
Le contende (vive le crede)
alla scopa che le raccoglie.

Quelle che da rami alti
scendono rosse e gialle
sono certo farfalle
che sfidano i suoi salti.

La lenta morte dell’anno
non è per lui che un bel gioco,
e per gli uomini che ne fanno
al tramonto un lieto fuoco.

Fonte

Gianni Rodari 100 anni, il Meridiano e la modernità


domenica 11 ottobre 2020

Non è facile invecchiare con garbo.

Non è facile invecchiare con garbo.

Bisogna accertarsi della nuova carne, di nuova pelle,

di nuovi solchi, di nuovi nei. Bisogna lasciarla andare via, la giovinezza, senza mortificarla in una nuova età che non le appartiene, occorre far la pace con il respiro più corto, con la lentezza della rimessa in sesto dopo gli stravizi, con le giunture, con le arterie, coi capelli bianchi all’improvviso, che prendono il posto dei grilli per la testa. Bisogna farsi nuovi ed amarsi in una nuova era, reinventarsi, continuare ad essere curiosi, ridere e spazzolarsi i denti per farli brillare come minuscole cariche di polvere da sparo. Bisogna coltivare l’ironia, ricordarsi di sbagliare strada, scegliere con cura gli altri umani, allontanarsi dal sé, ritornarci, cantare, maledire i guru, canzonare i paurosi, stare nudi con fierezza. Invecchiare come si fosse vino, profumando e facendo godere il palato, senza abituarlo agli sbadigli. Bisogna camminare dritti, saper portare le catene, parlare in altre lingue, detestarsi con parsimonia.
Non è facile invecchiare, ma l’alternativa sarebbe
stata di morire ed io ho ancora tante cose da imparare.

(Cecilia Resio)

Immagine di Eric Rose

domenica 27 settembre 2020

Nulla fallisce

Un viaggio nel tempo intenso, doloroso, straniante, onirico, commovente; un self coaching involontario. Il racconto del protagonista si vive attraverso momenti, istantanee ed episodi che ricostruiscono le tracce del percorso per ammettere e accettare di essere gay prima, e amarsi e innamorarsi poi. Sullo sfondo, ma con un ruolo da coprotagonisti, canzoni, film, telefilm e romanzi contestualizzano il periodo tra 1983 e il 2011. È un romanzo intimo, il percorso di un'anima moderna.

Leggi un estratto

domenica 30 agosto 2020

Mi è successa una cosa pazzesca! Da pazzi!

Esco dal Supermercato dove ho fatto la spesa con la prudenza dettata dalla nostra nuova divertente vita. Maschera, ingresso sicuro, gel e tutti quanti.
Poi ho selezionato i miei acquisti ( breve lista) e quando mi sono messa in coda per pagare, tra prendere i soldi e posare il telefono, il biglietto da 50 € con cui stavo per pagare è caduto a terra.
L'uomo che stava davanti a me, un decisamente robusto che stava finendo di pagare i suoi acquisti, si è lentamente chinato e ha preso il mio biglietto. Ho pensato che persone gentili e premurosi esistono in giro. Ho teso la mano con un grande sorriso, aspettando che mi restituisse i miei soldi, cercando di stare lontano, mentre mi preparavo a ringraziarlo per il gesto.
Ma all'improvviso, quello che mi ha detto mi ha lasciata in silenzio -" Quello che c'è sul pavimento appartiene a chi lo trova!" - e così se n'è andato... senza fretta, come se non avesse fatto niente di male.
Ho guardato la signora dietro di me e le persone intorno che avevano assistito alla scena che tutti mi hanno reso uno sguardo attonito e incredulo, mormorando cose tra di loro.
Avrei potuto chiamare la sicurezza del supermercato, ma mi è sembrato così assurdo che ho voluto occuparmene da sola... Ho lasciato i miei acquisti sul pavimento e l'ho seguito nel parcheggio, per recuperare i miei 50 euro. Mi sono resa conto che due clienti robusti che erano vicini a me , mi stavano seguendo...Mi ha rassicurato il fatto.
Mi sono infilata sotto il suo naso chiedendogli i miei soldi, ma lui mi ha guardata con disprezzo e si è comportato come se fossi invisibile.
Ha lentamente messo le sue due grosse borse per terra per tirare fuori la chiave dalla tasca della sua auto, e ho pensato - ora o mai più!
Ho preso i due sacchi e gli ho ripetuto - "Quello che c'è sul pavimento appartiene a coloro che lo trovano! " - e ho iniziato a correre verso la mia macchina, tra paura e risate, abbastanza fiera di me.
Gli spettatori hanno iniziato ad applaudire e a formare un cordone di sicurezza per impedire al furbastro di inseguirmi.
Non ci ha nemmeno provato. Troppo umiliato, immagino.
Ha lasciato con rabbia il parcheggio mentre guidava la sua auto, distruggendo coni di sicurezza lungo il suo cammino.
Ho sentito una scarica di adrenalina, paura e nervosismo, ma poi ho pianto dalla risata.
Quando sono tornata a casa , ho aperto le borse e ho trovato:
- 2 kg di gamberoni grossi freschi,
- 1 bel salmone .
- 1,4 kg di filetto di manzo
- formaggi e yogurt biologici
- pane integrale tostato
- 2 pacchetti di tagliatelle
- 2 pacchetti di mele rosse biologiche
- 2 vasetti di marmellata di more
1/4 di prosciutto suino nero delle Nebrodi
- 1 grande barattolo di maionese
- 2 tavolette di burro
- 2 bottiglie di coca da 2 litri
- 1 bottiglia di Barolo, 1 di Amarone della Valpolicella
Non avevo mai fatto così tanti acquisti con 50 €!
E ora sono qui...
Sorseggiando un bicchiere di Amarone e chiedendomi:
L'hai letto FINO A QUI?
Ovviamente non è successo a me.
È solo una campagna per promuovere la lettura!
La lettura stimola la mente e l'immaginazione, ci fa viaggiare verso altri luoghi e aiuta anche a comunicare.
Se si desidera copiare e incollare e produrre un sorriso dai tuoi amici.
Si prega di andare avanti, stimolare la mente di qualcun altro e forse anche un sorriso.

venerdì 14 agosto 2020

Ponte Morandi: sul web la poesia dedicata a Genova

L’autore del componimento è anonimo


Crolla un ponte,
Crolla una strada,
Crollano i nervi di chi,
Consapevolmente,
Pensa:
Avrei potuto essere li.
Crolla una città,
Ora più isolata,
Crolla la sua economia,
Fragile ed insicura.
Crolla la fede
Nel cielo,
Nel destino,
Nella vita.
Crollano le braccia
Di chi sta spalando,
Crolla, pesante,
Lo sconforto
Sulle nostre spalle.
Tutto crolla,
Tranne noi.
Gente dura,
Inospitale,
Musoni e
Testardi.
Per chi non ci conosce…
Lavoratori,
Camalli,
Portuali,
Carbonai.
Artigiani,
Banchieri,
Capitani e Marinai.
Agricoltori sulle rocce.
Superbi,
Orgogliosi.
Fieri.
Insiste,
Inutilmente,
Il cielo
Sulla nostra città.
Che da acqua,
Fango,
Macerie e
Bombe,
Ne è sempre uscita.
E allora che cominci,
Genova,
Domani sarai ancor più bella.
16 agosto 2018

Questa è la poesia che sta circolando in rete nelle ultime ore, dopo lo spaventoso crollo del Ponte Morandi a Genova. Un componimento anonimo che sta diventando virale e rappresenta una speranza per il futuro e la volontà di voler ripartire.
Non solo poesie ma anche una immagine in rete è diventata simbolo di questa tragedia: due tifosi di Genoa e Sampdoria, uniti:

sabato 1 agosto 2020

Don Luciano e il Maggiociondolo di Dova, Val Borbera (AL)...

Ha speso tre ore a cucinare un sugo da favola per noi.
A cena racconta storie della valle e della civiltà contadina.
Poi si accende parlando di attualità e riflettendo sui danni del sistema capitalista e consumista alle economie rurali.
La mattina dopo nonostante la nevicata (!) prende la macchina e va a dire messa nei paesi attorno.

E' un vero ribelle don Luciano, uno di quelli che hanno ispirato questo cammino. Uno che negli anni in cui tutti fuggivano dalle campagne ha fondato una cooperativa agricola, e poi un agriturismo per provare a tenere in vita un po' di lavoro e di cura del territorio, in una delle zone più "lontane" della val Borbera, Dova.
Uno di quei preti troppo scomodi e troppo liberi per essere valorizzati nei grandi centri, che ha trovato senso missionario nel tornare dove era nato, e dove ancora oggi, a più di 80 anni, continua a seminare uno stile controcorrente, essenziale, trasversale, come il seminatore della parabola.
Una sosta bellissima, quella del Cammino dei Ribelli al Maggiociondolo di Dova.

venerdì 26 giugno 2020

LO STEDDAZZU

L’uomo solo si leva che il mare e ancor buio
e le stelle vacillano.  Un tepore di fiato
sale su dalla riva, dov'è il letto del mare,
e addolcisce il respiro.  Quest’è l'ora in cui nulla
può accadere. Perfino la pipa tra i denti
pende spenta.  Notturno è il sommesso sciacquio.
L’uomo solo ha già acceso un gran fuoco di rami
e lo guarda arrossare il terreno.  Anche il mare
tra non molto sarà come il fuoco, avvampante.
Non c'è cosa più amara che l'alba di un giorno
in cui nulla accadrà.  Non c'è cosa più amara
che l'inutilità.  Pende stanca nel cielo
una stella verdognola, sorpresa dall'alba.
Vede il mare ancor buio e la macchia di fuoco
a cui l'uomo, per fare qualcosa, si scalda;
vede, e cade dal sonno tra le fosche montagne
dov'è un letto di neve.  La lentezza dell'ora
e spietata, per chi non aspetta più nulla.
Val la pena che il sole si levi dal mare
e la lunga giornata cominci?  Domani
tornerà l'alba tiepida con la diafana luce
e sarà come ieri e mai nulla accadrà.
L’uomo solo vorrebbe soltanto dormire.
Quando l'ultima stella si spegne nel cielo,
l'uomo adagio prepara la pipa e l'accende.

Cesare Pavese

lunedì 18 maggio 2020

VERRA’ LA MORTE E AVRA’ I TUOI OCCHI

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi-
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola
un grido taciuto, un silenzio.
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla.
Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.
Cesare Pavese, 22 marzo 1950

venerdì 24 aprile 2020

«Addio, in questa prigione dorata non mi è mancato nulla se non le vostre carezze»

CONFINI di Pierluigi Mele

Su Interris.it
 è stata pubblicata la straziante lettera di un anziano che viveva in un Rsa e prima di essere ucciso dal Covid-19 saluta la figlia e i nipoti, senza sapere se leggeranno mai queste sue parole: i rimpianti, i rimorsi, le riflessioni di un uomo che sa di morire. Un commovente addio e una forte denuncia.  Ecco il testo della lettera
Pubblichiamo il testo integrale della lettera d’ addio di un anziano morto per coronavirus all’ interno di una Rsa (Residenza sanitaria assistita, ndr) dove purtroppo si sono registrati numerosi decessi e dove le persone sono morte da sole e a causa della pandemia non si è potuto neanche celebrare un funerale

Da questo letto senza cuore scelgo di scrivervi cari miei figli e nipoti. (L’ho consegnata di nascosto a Suor Chiara nella speranza che dopo la mia morte possiate leggerla). Comprendo di non avere più tanti giorni, dal mio respiro sento che mi resta solo questa esile mano a stringere una penna ricevuta per grazia da una giovane donna che ha la tua età Elisa mia cara. È l’unica persona che in questo ospizio mi ha regalato qualche sorriso ma da quando porta anche lei la mascherina riesco solo a intravedere un po’ di luce dai suoi occhi; uno sguardo diverso da quello delle altre assistenti che neanche ti salutano.

Non volevo dirvelo per non recarvi dispiacere su dispiacere sapendo quanto avrete sofferto nel lasciarmi dentro questa bella “prigione”. Si, così l’ho pensata ricordando un testo scritto da quel prete romagnolo, don Oreste Benzi che parlava di questi posti come di “prigioni dorate”. Allora mi sembrava esagerato e invece mi sono proprio ricreduto. Sembra infatti che non manchi niente ma non è così…manca la cosa più importante, la vostra carezza, il sentirmi chiedere tante volte al giorno “come stai nonno?”, gli abbracci e i tanti baci, le urla della mamma che fate dannare e poi quel mio finto dolore per spostare l’attenzione e far dimenticare tutto. In questi mesi mi è mancato l’odore della mia casa, il vostro profumo, i sorrisi, raccontarvi le mie storie e persino le tante discussioni. Questo è vivere, è stare in famiglia, con le persone che si amano e sentirsi voluti bene e voi me ne avete voluto così tanto non facendomi sentire solo dopo la morte di quella donna con la quale ho vissuto per 60 anni insieme, sempre insieme.
In 85 anni ne ho viste così tante e come dimenticare la miseria dell’infanzia, le lotte di mio padre per farsi valere, mamma sempre attenta ad ogni respiro e poi il fascino di quella scuola che era come un sogno poterci andare, una gioia, un onore. La maestra era una seconda mamma e conquistare un bel voto era festa per tutta la casa. E poi, il giorno della laurea e della mia prima arringa in tribunale. Quanti “grazie” dovrei dire, un’infinità a mia moglie per avermi sopportato, a voi figli per avermi sempre perdonato, ai miei nipoti per il vostro amore incondizionato. Gli amici, pochi quelli veri, si possono veramente contare solo in una mano come dice la Bibbia e che dire, anche il parroco, lo devo ringraziare per avermi dato l’assoluzione dei miei peccati e per le belle parole espresse al funerale di mia moglie. Ora non ce la faccio più a scrivere e quindi devo almeno dire una cosa ai miei nipoti… e magari a tutti quelli del mondo.
Non è stata vostra madre a portarmi qui ma sono stato io a convincere i miei figli, i vostri genitori, per non dare fastidio a nessuno. Nella mia vita non ho mai voluto essere di peso a nessuno, forse sarà stato anche per orgoglio e quando ho visto di non essere più autonomo non potevo lasciarvi questo brutto ricordo di me, di un uomo del tutto inerme, incapace di svolgere qualunque funzione.
«Se potessi tornare indietro direi a mia figlia di farmi restare a casa»
Certo, non potevo mai immaginare di finire in un luogo del genere. Apparentemente tutto pulito e in ordine, ci sono anche alcune persone educate ma poi di fatto noi siamo solo dei numeri, per me è stato come entrare già in una cella frigorifera. In questi mesi mi sono anche chiesto più volte: ma quelli perché hanno scelto questo lavoro se poi sono sempre nervosi, scorbutici, cattivi? Una volta quell’uomo delle pulizie mi disse all’orecchio: “Sai perché quella quando parla ti urla? Perché racconta sempre di quanto era violento suo padre, una così con quali occhi può guardare un uomo?”. Che Dio abbia pietà di lei. Ma allora perché fa questo lavoro? Tutta questa grande psicologia, che ho visto tanto esaltare in questi ultimi decenni, è servita solo a fare del male ai più deboli? A manipolare le coscienze e i tribunali? Non voglio aggiungere altro perché non cerco vendetta.
Ma vorrei che sappiate tutti che per me non dovrebbero esistere le case di riposo, le Rsa, le “prigioni” dorate e quindi, si, ora che sto morendo lo posso dire: mi sono pentito. Se potessi tornare indietro supplicherei mia figlia di farmi restare con voi fino all’ultimo respiro, almeno il dolore delle vostre lacrime unite alle mie avrebbero avuto più senso di quelle di un povero vecchio, qui dentro anonimo, isolato e trattato come un oggetto arrugginito e quindi anche pericoloso. Questo coronavirus ci porterà al patibolo ma io già mi ci sentivo dalle grida e modi sgarbati che ormai dovrò sopportare ancora per poco…l’altro giorno l’infermiera mi ha già preannunciato che se peggioro forse mi intuberanno o forse no.
La mia dignità di uomo, di persona perbene e sempre gentile ed educata è stata già uccisa. Sai Michelina, la barba me la tagliavano solo quando sapevano che stavate arrivando e così il cambio. Ma non fate nulla vi prego…non cerco la giustizia terrena, spesso anche questa è stata così deludente e infelice. Fate sapere però ai miei nipoti (e ai tanti figli e nipoti) che prima del coronavirus c’è un’altra cosa ancora più grave che uccide: l’assenza del più minimo rispetto per l’altro, l’incoscienza più totale.
E noi, i vecchi, chiamati con un numeretto, quando non ci saremo più, continueremo da lassù a bussare dal cielo a quelle coscienze che ci hanno gravemente offeso affinché si risveglino, cambino rotta, prima che venga fatto a loro ciò che è stato fatto a noi.


giovedì 23 aprile 2020

La casa in collina

(...) Ci sono dei giorni in questa nuda campagna che camminando ho un soprassalto: un tronco secco, un nodo d'erba, una schiena di roccia, mi paiono corpi distesi... Io non credo che possa finire. Ora che ho visto cos'è la guerra, cos'è la guerra civile, so che tutti, se un giorno finisse, dovrebbero chiedersi: - E dei caduti che facciamo? Perché sono morti? - Io non saprei cosa rispondere. Non adesso, almeno. Né mi pare che gli altri lo sappiano. Forse lo sanno unicamente i morti, e soltanto per loro la guerra è finita davvero.
(...)

Cesare Pavese

Fonte immagine


venerdì 17 aprile 2020

Non gridate più

Cessate d’uccidere i morti,

Non gridate più, non gridate
Se li volete ancora udire,
Se sperate di non perire.

Hanno l’impercettibile sussurro,

Non fanno più rumore
Del crescere dell’erba,
Lieta dove non passa l’uomo.


Giuseppe Ungaretti

domenica 22 marzo 2020

Se usciamo, non ne usciamo

Osservate l’immagine finché non ne avete abbastanza. Proverete del magone, una certa impressione e la vostra mente farà dei voli immensi, entrando nel vortice creato dal nulla, così infinito ed energico. Ma tutto finirà, perché un attimo dopo aver pensato che potreste ritrovarvi voi su quelle camionette dell’esercito, oppure i vostri cari, amici, conoscenti, la vostra priorità sarà protestare, contravvenire al DPCM e alle ordinanze regionali, perché convinti che ci stanno privando della nostra libertà di fare jogging e le lunghe camminate senza meta, con la scusa del cane e dei suoi bisogni fisiologici, perché a casa vi annoiate.

Le vostre anime urleranno dal dolore, certamente, se non prima del flash mob programmato, a cadenza settimanale, come se fosse la scaletta del Festival di Sanremo, per dare sfoggio della totale ipocrisia affettiva che avete in serbo per i vostri vicini di casa, prima della prossima riunione di condominio. E intanto, mentre cantate l’Inno di Mameli, un po’ perché convinti e in altra parte spinti dalla voglia di rendere pubblica la vostra partecipazione a delle manifestazioni del genere, giusto per dire “sì, questa sarà la mia storia su Instagram, ora lo pubblico anche su Facebook”, le salme dei malati di Coronavirus lasciano Bergamo per raggiungere Modena e zone limitrofe. È uno degli effetti collaterali di questa pandemica emergenza: stanno terminando i posti nei cimiteri lombardi, nella città bergamasca è tutto esaurito.

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venerdì 20 marzo 2020

L’ultima commovente lettera di Li Wen Liang, il giovane medico di Wuhan che per prima ha scoperto il coronavirus e che è morto curando i suoi pazienti: “Non voglio essere un eroe, ma solo un medico”

Tutta la Cina si è commossa alla morte del dottor Li Wen Liang il medico (secondo molti di fede Cristiana) che per primo scoprì il coronavirus. Venne per questo perseguitato dalle autorità. Fu perseguitato per aver lanciato l’allarme sui pericoli che incombevano sul paese.
Come è noto, nel dicembre del 2019 era stato perfino arrestato. Rilasciato si era sempre preso cura dei pazienti fino a quando anche lui non è stato infettato. Li Wen Liang è morto la mattina presto del 7 febbraio, alle ore 2:58, lasciando una moglie, anch’essa infettata dal coronavirus (oltre che incinta di 8 mesi del loro secondo figlio).
Prima di morire il dottor Li Wen Liang ha lasciato uno scritto nel quale, in modo profondamente toccante, ha detto come gli sarebbe mancata la sua famiglia, la sua amata Wuhan, ed ha citato un passo biblico che dice: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione”.
Nato a Beizhen, il 12 ottobre 1986, morto a Wuhan il 7 febbraio 2020, questo medico oculista dell’ospedale centrale di Wuhan, fu uno dei primi medici a riconoscere la pericolosità della polmonite di Wuhan, lanciando l’allarme sul coronavirus il 30 dicembre 2019.
Il 3 gennaio 2020, la polizia di Wuhan lo ha convocato ammonendolo per “aver detto commenti falsi su Internet”.

Subito dopo il governo cinese si è accorto dell’errore e il dottor Li Wen Liang era tornato al lavoro in ospedale ma ha contratto il coronavirus da un paziente infetto, contagio che lo ha portato alla morte.
Dopo il suo decesso, il governo cinese ha dichiarato di aver aperto un’inchiesta sull’accaduto e intanto Li Wen Liang è diventato un eroe nazionale.
Li Wen Liang ha offerto un’eredità che lascerà sempre un segno nel cuore del popolo cinese. Si è preso cura dei pazienti e ha cercato di fermare la diffusione del coronavirus sapendo che molto probabilmente sarebbe stato infettato.
Il dottor Li Wen ha scelto di donare la sua vita per cercare di salvare quella di altri.
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giovedì 12 marzo 2020

Decalogo contro la paura

Il poeta, scrittore e documentarista Franco Armino propone un decalogo per non soccombere all'ansia da Coronavirus. Il virus della globalizzazione è una lezione di umiltà per tutti, se il mondo vorrà apprenderla ne uscirà migliore, è il suo suggerimento. Se invece inizia la caccia all'untore rivivremo le angosce della peste manzoniana

1. Le passioni, quelle intime e quelle civili, aumentano le difese immunitarie. Essere entusiasti per qualcuno o per qualcosa ci difende da molte malattie.
2. Leggere un libro piuttosto che andare al centro commerciale.
3. Fare l’amore piuttosto che andare in pizzeria.
4. Camminare in campagna o in paesi quasi vuoti.
5. Capire che noi siamo immersi nell’universo e che non potremmo vivere senza le piante mentre le piante resterebbero al mondo anche senza di noi. Stare un poco di tempo lontani dai luoghi affollati può essere un’occasione per ritrovare un rapporto con la natura, a partire da quella che è in noi.
6. Viaggiare nei dintorni. Il turismo è una peste molto più grande del coronavirus. È assurdo inquinare il pianeta coi voli aerei solo per il fatto che non sappiamo più stare fermi.
7. Sapere che la vita commerciale non è l’unica vita possibile, esiste anche la vita lirica. La crisi economica è grave, ma assai meno della crisi teologica: perdere un’azienda è meno grave che perdere il senso del sacro.
8. La vita è pericolosa, sarà sempre pericolosa, ognuno di noi può morire per un motivo qualsiasi nei prossimi dieci minuti, non esiste nessuna possibilità di non morire.
9. Lavarsi le mani molto spesso, informarsi ma senza esagerare. Sapere che abbiamo anche una brama di paura e subito si trova qualcuno che ce la vende. La nostra vocazione al consumo ora ci rende consumatori di paura. C’è il rischio che il panico diventi una forma di intrattenimento.
10. Stare zitti ogni tanto, guardare più che parlare. Sapere che la cura prima che dalla medicina viene dalla forma che diamo alla nostra vita. Per sfuggire alla dittatura dell’epoca e ai suoi mali bisogna essere attenti, rapidi e leggeri, esatti e plurali.

Fonte








I dieci versi dalle canzoni di Battiato da appuntarsi e non dimenticare

Il cantautore, morto ieri nella sua residenza di Milo, era nato a Jonia il 23 marzo del 1945. Ha spaziato tra una grande quantità di generi,...