mercoledì 25 dicembre 2019

“Buon Natale”, la poesia di Alda Merini dedicata a chi è solo o soffre per una malattia

Si intitola “Buon Natale” ed è la bellissima poesia di Alda Merini dedicata a chi, durante le festività natalizie, è solo oppure soffre per qualche malattia. I versi della poesia milanese si rivolgono soprattutto ai più piccoli, augurandogli un Natale con “con pochi regali ma con tutti gli ideali realizzati”.


Come in campo musicale, anche nella poesia il Natale è uno dei temi più gettonati. La letteratura italiana e mondiale è piena di bei versi natalizi. Da Quasimodo a Saba, da Bertolt Brecht a Shakespeare, sono tantissime le liriche poetiche dedicate al Natale, frasi magari meno scontate del solito da poter utilizzare per un messaggio d'augurio verso la persona amata. Tra le poesie più amate da Natale ce ne sono ben due di Alda Merini, una delle poetesse più famose della letteratura italiana, che al Natale ha dedicato ben due poesie, Buon Natale e Natale 1989.

Qui abbiamo deciso di sottoporvi la prima, "Buon Natale", che racconta la gioia per l’arrivo del Natale, soprattutto dei più piccoli, che non manca di avere un pensiero per chi, in giorni come questi, è solo. O  i malati, coloro che soffrono.


A Natale non si fanno cattivi
pensieri ma chi è solo
lo vorrebbe saltare
questo giorno.
A tutti loro auguro di
vivere un Natale
in compagnia.
Un pensiero lo rivolgo a
tutti quelli che soffrono
per una malattia.
A coloro auguro un
Natale di speranza e di letizia.
Ma quelli che in questo giorno
hanno un posto privilegiato
nel mio cuore
sono i piccoli mocciosi
che vedono il Natale
attraverso le confezioni dei regali.
Agli adulti auguro di esaudire
tutte le loro aspettative.
Per i bambini poveri
che non vivono nel paese dei balocchi
auguro che il Natale
porti una famiglia che li adotti
per farli uscire dalla loro condizione
fatta di miseria e disperazione.
A tutti voi
auguro un Natale con pochi regali
ma con tutti gli ideali realizzati.


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Spaziani, le acque della poesia

Natale è un flauto d’alba, un fervore di radici
che in nome tuo sprigionano acuti ultrasuono.
Anche le stelle ascoltano, gli azzurrognoli soli
in eterno ubriachi di pura solitudine.

Perché questo Tu sei, piccolo Dio che nasci
e muori e poi rinasci sul cielo delle foglie:
una voce che smuove e turba anche il cristallo,
il mare, il sasso, il nulla inconsapevole.

DI MARIA LUISA SPAZIANI


Fonte

mercoledì 4 dicembre 2019

La prima cosa bella di mercoledì 4 dicembre 2019

La prima cosa bella di mercoledì 4 dicembre 2019 è l’improbabile felicità di due calciatori, separati da un solco di 45 anni di età, uniti dal caso. Il primo si chiama Stefano Turati, detto Pantera, ha 18 anni, tesserato dal Sassuolo, ha esordito contro la Juventus, a sorpresa, per l’infortunio del titolare e della riserva. E’ stato il migliore in campo. Ha parato una punizione tirata da Cristiano Ronaldo. Ha ricevuto i complimenti di Gigi Buffon. Dopo la partita ha telefonato alla mamma, che lo portava ai concerti dei Led Zeppelin. Il secondo si chiama Angelo Ricca, detto U’ Pip, ha 63 anni, tesserato da 50, esordio con la Juventina, oggi attaccante dello Sporting Maierà, terza categoria, 600 partite alle spalle. Ha segnato un gol a San Basile. Poi è tornato a casa, probabilmente dai nipoti, che ascoltavano un rapper calabrese. Dicono che la comicità sia tragedia più tempo. La felicità è allora un bel momento  fuori dal tempo, qualcosa che accade quando ancora non potrebbe o più non dovrebbe, una nota sfuggita in overture, un innamoramento a 53 anni.

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domenica 1 dicembre 2019

Viviamo in un mondo di bugie...

“Viviamo in un mondo di bugie. E rischiamo molto perché queste bugie vengono spesso sostenute dai mezzi di informazione. Vorrei non parlare dell’ex ministro dell’Interno per una ragione molto semplice: prima si trattava di un vicepresidente del consiglio e quindi era dovuto che ci fosse un’attenzione, adesso vorrei che iniziasse il giusto silenzio, non è più obbligatorio che l’ex ministro sia in televisione ogni quattro ore, e noi non siamo obbligati a parlare di lui ed è bene così. Io credo che il silenzio su questa persona sia un atto di responsabilità, perché questa persona è cattiva, ha avvelenato i pozzi, ha seminato odio sociale in una misura che in Italia non si vedeva da decenni. Abbiamo corso un grosso rischio, perché io in questa persona e nei suoi schierani ho sempre visto un tentativo che non ho mai chiamato con nomi strani perché di nome ce n’è solo uno: fascista. La storia ci ha insegnato che il fascismo si instaura piano piano, un passo dopo l’altro contando sulla disinformazione, sull’indifferenza, sul fatto che non si coglie mai il pericolo, su cento episodi uno dietro l’altro che alla fine ci portano ad accettare cose disumane. E non penso solo ai migranti ma a tante altre manifestazioni di questo pensiero totalitario. Abbiamo posto uno stop a questo processo ma non credo che il lavoro sia finito”.

Gino Strada

mercoledì 27 novembre 2019

Non mi piace (il contromanuale di Facebook)

Quando qualche anno fa ho scritto questo contro manuale di Facebook, stufo di vedere in libreria solo manuali veri del social di Zuckerberg, temevo che avrei perso degli amici (virtuali). Invece me ne sono fatti altri: qualcuno ha voluto essermi "amico" per vedere come razzola uno che predica bene.

In effetti di stupidaggini ne faccio anche io (qua e là, nel libro, lo ammetto). Non è un caso se, nella quarta di copertina del libro, trovate solo il mio account Twitter… ;)

Ho subito l’unfriend perché qualcuno, dotato di coda di paglia più o meno lunga, ha pensato che stessi parlando di lui.

Facebook è micidiale per i permalosi (come me), così come per narcisisti ed egocentrici (attenti: leggendo gli status si possono riconoscere anche gli psicopatici). Pensiamo sempre che si stia parlando di noi, anche quando si commenta il meteo, un rigore non dato o la crisi in Medio Oriente.

In parte è normale: è una sorta di meccanismo di autodifesa. Ma spesso esageriamo: crediamo di essere al centro del mondo, o di non esserlo affatto, senza mezze misure.

Facebook, anche da questo punto di vista, non ci aiuta. Anzi: amplifica e distorce la realtà (fino a provocare patologie, vedi: dipendenza) così come altera i concetti di amicizia o di "mi piace".

Modifica i rapporti con le persone, disposte in alcuni casi anche a tollerare banalità come "sto andando a fare la spesa" (accompagnato dall’ormai immancabile selfie) o "stasera zuppa di pesce!" (anche in questo caso con tanto di foto, vedi foodporn) perché, ci hanno spiegato, l’intimità ambientale permette di rimanere vicini a qualcuno anche se in realtà si è lontani.

Ciò non significa che possiamo permetterci tutto: vietato esagerare.


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Ebook gratis

lunedì 4 novembre 2019

Si è spento Alberto Sed...


Per 50 anni non raccontò a nessuno della sua esperienza di ebreo deportato. Poi lo fece con Roberto Riccardi nel libro “Sono stato un numero” (Giuntina editore). La madre e due sorelle vennero uccise nel lager (una sorella venne fatta sbranare dai cani a un mese dalla liberazione per diletto dei soldati).
Ricordare è l'atto che più temono le vocazioni totalitarie. Quando una vita come quella di Alberto Sed smette di respirare, l’ansia va sempre nella stessa direzione: ora chi porterà le prove contro populisti e sovranisti?


Roberto Saviano


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Il ricordo di Alberto Sed e i «mostri» che non muoiono mai



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venerdì 1 novembre 2019

Alda Merini moriva 10 anni fa: alcuni dei suoi versi più belli

La poetessa milanese ha rappresentato una delle voci più intense dell’ultimo secolo, grazie al modo unico in cui ha saputo trasformare la tragedia di una vita “diversa” in poesia universale. Parlare dei suoi versi, così intimi, dolorosi e sofferti, ma anche estremamente illuminanti, non è cosa facile: ecco perché a dieci anni esatti dalla scomparsa di Alda Merini, torniamo ancora una volta a leggere le sue poesie.

Il 1 novembre 2009 moriva, a 78 anni, Alda Merini. Dieci anni sono trascorsi da quando una delle voci più dirompenti del Novecento si è spenta: ma nonostante la scomparsa, l’immensa opera della poetessa meneghina ha ancora una forza e una vivacità straordinarie. Raccontare in poche righe tutto ciò che Alda Merini ha vissuto, ed è stata, sarebbe impossibile. Per questo, in occasione di questi primi dieci anni senza di lei, a parlare sono nuovamente i suoi versi.

Alda Merini, la poetessa della follia

Sono nata il ventuno a primavera

Ma non sapevo che nascere folle

Aprire le zolle

Potesse scatenar tempesta.

Leggere le sue poesie vuol dire entrare, nel modo più diretto e profondo, nella sua vita. Ma il valore dei versi di Alda Merini non è riconducibile esclusivamente alla sfera biografica, anzi. Come amava spiegare Maria Corti, critica letteraria ed intima amica della poetessa, nella sua scrittura “vi è prima una realtà tragica vissuta in modo allucinato in cui lei è vinta; poi la stessa realtà irrompe nell’universo della memoria e viene proiettata in una visione poetica in cui è lei con la penna in mano a vincere”. La vita, con tutto il suo peso, è stata per Alda Merini un punto di partenza e un punto di arrivo della sua poesia, così come la malattia e la solitudine sono stati veleni ed antidoti della propria condizione esistenziale.

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martedì 29 ottobre 2019

OMAGGIO ALL'UOMO CHE PIANTAVA GLI ALBERI

C'è un uomo che nella realtà ha compiuto le stesse azioni di Elzéard Bouffier, il pastore raccontato da Jean Giono nel libro "L'uomo che piantava gli alberi" e che generazioni di lettori hanno creduto, per molto tempo, essere davvero esistito.
  • Laura Nosenzo

Nella sua lunga vita, spenta dieci anni fa, Giovanni Giolito ha messo nella terra oltre ventimila germogli tra il Sud Astigiano e la Liguria.
La Val Sarmassa, dichiarata nel 1993 Riserva Naturale, è stato il luogo in cui ha operato maggiormente, quello di gran lunga più amato ("Il mio angolo di paradiso"), dove da bambino, non appena asciugata la rugiada del mattino, andava con la nonna settimina a raccogliere le erbe selvatiche e da adulto sedeva sotto i maestosi alberi a leggere dopo aver piantato germogli, soprattutto di quercia.
Un gesto che ha fatto fin quasi all'ultimo, fin quando ha potuto.
"Io sono davvero uguale a quel pastore - ripeteva negli ultimi mesi della sua vita - che ha piantato alberi semplicemente perché ha pensato giusto farlo. Solo questo è importante".
Di quei ventimila germogli messi a dimora Giovanni Giolito non s'è mai fatto vanto: "Lo faccio per passione e senza chiedere nulla in cambio. E' un gesto spontaneo. Nessuno me lo chiede e mi ringrazia".
Per chi non lo conosceva, Giolito era un tipo strano, per le poche persone amiche Gim è stato un uomo straordinario. Ho avuto la fortuna di essere tra queste e di raccontare la sua vita in un libro, dopo aver superato prove ritenute fondamentali, come andare a raccogliere con lui la camomilla, sotto il sole di giugno, per mettere alla prova il mio impegno e la mia pazienza.
Mentre cercavamo le erbe o deponevamo germogli, Gim mi spiegava: "Il bosco cresce in silenzio, senza far rumore. Bisogna saper aspettare, avere pazienza. Usare rispetto alla natura, perché la terra non si fabbrica. Poi succede ciò che è naturale: da un piccolo seme viene un grande albero. Pazienza se agli altri dà fastidio. Con i contadini ho avuto discussioni a non finire".
Amava la natura sopra ogni cosa. Da bambino (ribelle) le punizioni della maestra nella scuola di Nizza Monferrato, dove era nato, si risolvevano il più delle volte con movimentate fughe nei boschi della Sarmassa; già anziano, fin quando ha potuto guidare il motocarro Ape rosso da lui soprannominato con fine ironia "la mia Ferrari Rossa", è sempre tornato a rivedere, anche a distanza di decenni, gli alberi che aveva piantato. Di quei ventimila germogli, fatti nascere soprattutto da ghiande di farnie accuratamente selezionate, calcolava che soltanto una piccola parte fosse riuscita a superare "le insidie del bosco e le cattiverie dell'uomo".
Aveva per le piante lo stesso amore che si riserva ai figli: "Il mio è un omaggio alla natura. Ma ci sono stati momenti in cui ho voluto omaggiare uomini che sono stati importanti per me. Dopo la morte di Sandro Pertini sono andato nei boschi di Stella, il suo paese natale, e ho cercato delle belle ghiande. Le ho accudite con particolare attenzione e, spuntati i germogli, sono tornato là a sistemarli lungo il versante della montagna, in un posto che so solo io. Negli anni sono diventati alberi robusti".

A diciassette anni Gim pianta il suo primo albero lungo un ruscello: è un acero, la sua specie preferita. Un gesto naturale che ripeterà per buona parte della vita in Sarmassa, nella Langa, al Sassello e nei paraggi di Nizza. Con una regola precisa: "Ogni terra deve avere la sua vegetazione".

sabato 19 ottobre 2019

Se puoi cominciare la giornata senza caffeina...


Se puoi andare avanti senza pillole stimolanti,
Se riesci ad essere festoso ignorando dolori e sofferenze,
Se eviti di lamentarti, annoiando la gente con i tuoi problemi,
Se puoi mangiare lo stesso cibo ogni giorno ed esserne grato,
Se riesci a capire quando le persone che ami sono troppo occupate per darti retta,
Se passi sopra al fatto che chi ami ti dà erroneamente la colpa se qualcosa va storto,
Se accetti critiche e rimproveri senza risentirti,
Se ignori la cattiva educazione di un amico ed eviti di correggerlo,
Se tratti i ricchi come i poveri,Se affronti il mondo senza bugie o inganni,
Se sai vincere la tensione senza l’aiuto di un medico,Se sei capace di rilassarti senza uso di liquori,
Se riesci a dormire senza l’aiuto di farmaci,
Se puoi affermare in tutta onestà che, al fondo del tuo cuore,sei privo di qualsiasi pregiudizio su religione, colore, credo politico, allora, sei buono, QUASI quanto il tuo cane!

martedì 17 settembre 2019

L'attimo fuggente


Sui navigli di Milano nasce la "storia quasi vera" di Alda Merini. Una vita piena di amori e di matrimoni, di ricoveri e di sventure, di amore per la musica e di passione per la poesia. Un'esistenza da ripercorrere leggendo le sue poesie più amate, alla ricerca di momenti di quotidianità e briciole di libertà.

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sabato 7 settembre 2019

La mamma che racconta le partite minuto per minuto a suo figlio non vedente, finalista del Premio FIFA dedicato ai fan

Mamma che porta allo stadio il figlio cieco e gli racconta le partite minuto per minuto è la prima finalista del premio FIFA Fan Award 2019 agli appassionati di calcio che rappresentano anche un esempio per tutti.




La vita a volte ci mette alla prova e sebbene non tutto sia superabile grazie all’amore, in alcuni casi è proprio così! Lo dimostra questa commovente storia che ha per protagonisti una madre, Silvia Grecco, e il suo bambino, Nickollas, nato prematuro a 5 mesi, con una forma lieve di autismo e una retina che non funziona come dovrebbe. Non è stato facile per Silvia crescere suo figlio perché immergersi nel mondo di un bambino disabile e autistico non è una passeggiata ma lei, coraggiosa e sensibile, ha trovato la chiave giusta, il calcio. Innamorata di questo sport da sempre, come ha dichiarato a FIFA, ha cercato di trasmettere la sua passione al figlio portandolo con sé alle partite del Palmeiras e questo amore ha letteralmente trasformato le loro vite: “Sin dalla mia infanzia, vivo il calcio. Vivo Palmeiras. Il calcio nella mia vita, nella vita di mio figlio, sta cambiando la vita. È un amore che trasforma; un amore per l’arte di giocare a calcio “. La loro storia è la prima di una serie in sei puntate chiamata “Sheroes” voluta da FIFA per raccontare la vita di donne che sono un esempio per tutti noi, e che hanno unito la forza dell’amore allo sport del calcio. Nonché la prima finalista del premio #TheBest2019 FIFA FAn Award

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mercoledì 21 agosto 2019

Per conto di D’Io

Più che una crisi di governo, è una crisi mistica. La Trinità al centro dell’inquadratura: Conte, Salvini e Di Maio. Padre, Figlio e Spirito Stanco. La presidente del Senato in viola quaresima. Salvini che si ingobbisce sulla sedia per sbaciucchiare il rosario come una beghina. Renzi, l’ego della bilancia, che legge un passo del vangelo «ovviamente secondo Matteo». Salvini, in attesa delle stimmate, che cita papa Wojtyła e raccomanda l’Italia al cuore immacolato di Maria. Toninelli concentrato al punto da sembrare illuminato, o fulminato. C’è persino un miracolo, la resurrezione di Scilipoti. Bisogna riconoscerlo: in quasi mezzo secolo di potere la DC, che pure si chiamava Cristiana, non arrivò mai a tanto. Scalfaro aveva la spilla dell’Azione Cattolica all’occhiello, ma non la brandiva di continuo. Quanto a De Gasperi, si limitava ad andare a messa con Andreotti. Uno parlava con Dio e l’altro col prete, scrisse una volta Montanelli. Sì, ma a me il prete rispondeva, chiosò Andreotti, e la questione fini lì. 

di Massimo Gramellini

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giovedì 15 agosto 2019

Litanìa

Genova mia città intera.
Geranio. Polveriera.
Genova di ferro e aria,
mia lavagna, arenaria.Genova città pulita.
Brezza e luce in salita.
Genova verticale,
vertigine, aria scale.Genova nera e bianca.
Cacumine. Distanza.
Genova dove non vivo,
mio nome, sostantivo.

Genova mio rimario.
Puerizia. Sillabario.
Genova mia tradita,
rimorso di tutta la vita.
Genova in comitiva.
Giubilo. Anima viva.
Genova in solitudine,
straducole, ebrietudine.
Genova di limone.
Di specchio. Di cannone.
Genova da intravedere,
mattoni, ghiaia, scogliere.
Genova grigia e celeste.
Ragazze. Bottiglie. Ceste.
Genova di tufo e sole,
rincorse, sassaiole.
Genova tutta tetto.
Macerie. Castelletto.
Genova d’aerei fatti,
Albaro, Borgoratti.
Genova che mi struggi.
Intestini. Caruggi.
Genova e così sia,
mare in un’osteria.
Genova illividita.
Inverno nelle dita.
Genova mercantile,
industriale, civile.
Genova d’uomini destri.
Ansaldo. San Giorgio. Sestri.
Genova in banchina,
transatlantico, trina.
Genova tutta cantiere.
Bisagno. Belvedere.
Genova di canarino,
persiana verde, zecchino.Genova di torri bianche.
Di lucri. Di palanche.
Genova in salamoia,
acqua morta di noia.Genova di mala voce.
Mia delizia. Mia croce.
Genova d’Oregina,
lamiera, vento, brina.

Genova nome barbaro.
Campana. Montale, Sbarbaro.
Genova dei casamenti
lunghi, miei tormenti.
Genova di sentina.
Di lavatoio. Latrina.
Genova di petroliera,
struggimento, scogliera.
Genova di tramontana.
Di tanfo. Sottana.
Genova d’acquamarina,
area, turchina.
Genova di luci ladre.
Figlioli. Padre. Madre.
Genova vecchia e ragazza,
pazzia, vaso, terrazza.
Genova di Soziglia.
Cunicolo. Pollame. Trilia.
Genova d’aglio e di rose,
di Pré, di Fontane Masrose.
Genova di Caricamento.
Di Voltri. Di sgomento.
Genova dell’Acquasola,
dolcissima, usignuola.
Genova tutta colore.
Bandiera. Rimorchiatore.
Genova viva e diletta,
salino, orto, spalletta.
Genova di Barile.
Cattolica. Acqua d’Aprile.
Genova comunista,
bocciofila, tempista.
Genova di Corso Oddone.
Mareggiata. Spintone.
Genova di piovasco,
follia, Paganini, Magnasco.Genova che non mi lascia.
Mia fidanzata. Bagascia.
Genova ch’è tutto dire,
sospiro da non finire.Genova quarta corda.
Sirena che non si scorda.
Genova d’ascensore,
paterna, stretta al cuore.

Genova mio pettorale.
Mio falsetto. Crinale.
Genova illuminata,
notturna, umida, alzata.
Genova di mio fratello.
Cattedrale. Bordello.
Genova di violino,
di topo, di casino.
Genova di mia sorella.
Sospiro. Maris Stella.
Genova portuale,
cinese, gutturale.
Genova di Sottoripa.
Emporio. Sesso. Stipa.
Genova di Porta Soprana,
d’angelo e di puttana.
Genova di coltello.
Di pesce. Di mantello.
Genova di lampione
a gas, costernazione.
Genova di Raibetta.
Di Gatta Mora. Infetta.
Genova della Strega,
strapiombo che i denti allega.
Genova che non si dice.
Di barche. Di vernice.
Genova balneare,
d’urti da non scordare.
Genova di “Paolo & Lele”.
Di scogli. Furibondo. Vele.
Genova di Villa Quartara,
dove l’amore s’impara.
Genova di caserma.
Di latteria. Di sperma.
Genova mia di Sturla,
che ancora nel sangue mi urla.Genova d’argento e stagno.
Di zanzara. Di scagno.
Genova di magro fieno,
canile, Marassi, Staglieno.Genova di grige mura.
Distretto. La paura.
Genova dell’entroterra,
sassi rossi, la guerra.

Genova di cose trite.
La morte. La nefrite.
Genova bianca e a vela,
speranza, tenda, tela.
Genova che si riscatta.
Tettoia. Azzurro. Latta.
Genova sempre umana,
presente, partigiana.
Genova della mia Rina.
Valtrebbia. Aria fina.
Genova paese di foglie
fresche, dove ho preso moglie.
Genova sempre nuova.
Vita che si ritrova.
Genova lunga e lontana,
patria della mia Silvana.
Genova palpitante.
Mio cuore. Mio brillante.
Genova mio domicilio,
dove m’è nato Attilio.
Genova dell’Acquaverde.
Mio padre che vi si perde.
Genova di singhiozzi,
mia madre, Via Bernardo Strozzi.
Genova di lamenti.
Enea. Bombardamenti.
Genova disperata,
invano da me implorata.
Genova della Spezia.
Infanzia che si screzia.
Genova di Livorno,
Partenza senza ritorno.
Genova di tutta la vita.
Mia litania infinita.
Genova di stocafisso
e di garofano, fisso
bersaglio dove inclina
la rondine: la rima.

Fonte testo

sabato 10 agosto 2019

Condivido (e vorrei che venisse condiviso):


"Solo un paese che ha smarrito il più elementare alfabeto civile e costituzionale può assistere in silenzio a un vicepremier di minoranza di un esecutivo che apre la crisi di governo, convoca il Parlamento ed evoca lo scioglimento delle Camere, come se fosse contemporaneamente il Presidente del Consiglio e il Presidente della Repubblica in carica.


Tangentopoli nera

Solo un paese che ha perso ogni dignità può accettare senza battere ciglio che un capopartito chieda di essere investito di “pieni poteri”, neanche fossimo nell’ottobre del ‘22.

Solo un paese che ha perduto completamente il senso delle istituzioni può rimanere zitto mentre un ministro si rivolge a parlamentari della Repubblica eletti invitandoli ad “alzare il c***” e presentarsi in Aula il prossimo lunedì, come se fossero pedine alle sue dipendenze.


Non siamo più di fronte alle sbruffonate di un cialtrone sulla spiaggia con un Mojito in mano. Queste sono prove tecniche di regime. E, se può fare tutto questo, se può spingersi tanto in là, non è solo per i 10 milioni di italiani che lo applaudono, ma per i 50 che stanno zitti.


Ogni nostro silenzio, ogni nostro arretramento, è un segnale di resa delle democrazia e delle istituzioni. È una tacca in più nella discesa verso l’abisso e un piccolo assaggio di quello che sarà. I campanelli d’allarme nella storia suonano sempre fortissimi, solo che non ci sono mai abbastanza orecchie ad ascoltarli."


Lorenzo Tosa


mercoledì 31 luglio 2019

Primo Levi: l’autore di “Se questo è un uomo” nasceva 100 anni fa

Il 31 luglio del 1919 nasceva Primo Levi. Lucido narratore dell’orrore di Auschwitz, prima dell’esperienza partigiana e della cattura e dopo la liberazione dal campo di concentramento tedesco, Levi è stato anche uomo di scienza. La sua passione per la chimica ha dato forma a quella per la scrittura: da “Se questo è un uomo” a “Il sistema periodico”, ecco le sue opere più belle.


Sono trascorsi cento anni dalla nascita di Primo Levi. A distanza di un secolo da quel 31 luglio 1919, e ad oltre settant'anni dalla pubblicazione di "Se questo è un uomo", la lucida riflessione sull'importanza della memoria e sulla necessità del ricordo è più che mai attuale. Ma Primo Levi, divenuto famoso per essere stato uno dei primi testimoni letterari degli orrori di Auschwitz, fu anche uomo di scienza: senza la chimica, ha ricordato più volte lui stesso, non ci sarebbe stata neanche la scrittura. "Il sistema periodico" rappresenta una sintesi perfetta di questi due volti dell’intellettuale torinese.

Primo Levi, partigiano e prigioniero: "Se questo è un uomo"

Più giù di così non si può andare: condizione umana più misera non c'è, e non è pensabile. Nulla più è nostro: ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non ci ascolteranno, e se ci ascoltassero, non ci capirebbero. Ci toglieranno anche il nome: e se vorremo conservarlo, dovremo trovare in noi la forza di farlo, di fare sì che dietro al nome, qualcosa ancora di noi, di noi quali eravamo, rimanga.

Primo Levi viene catturato dalle milizie fasciste nel dicembre 1943. Aveva aderito alla resistenza partigiana della Val d’Aosta da solo pochi mesi, quando viene prima internato a Fossoli e poi, a febbraio del ’44, viene prelevato dalle SS insieme agli altri prigionieri e portato in Germania. Rimarrà ad Auschwitz fino al 6 marzo del 1945. Due anni dopo termina il manoscritto di “Se questo è un uomo”, che viene pubblicato da una piccola casa editrice in una tiratura di appena duemilacinquecento copie.

Quest'anno è passato presto. L'anno scorso a quest'ora io ero un uomo libero: fuori legge ma libero, avevo un nome e una famiglia, possedevo una mente avida e inquieta e un corpo agile e sano. Pensavo a molte lontanissime cose: al mio lavoro, alla fine della guerra, al bene e al male, alla natura delle cose e alle leggi che governano l'agire umano; e inoltre alle montagne, a cantare, all'amore, alla musica, alla poesia. Avevo una enorme, radicata, sciocca fiducia nella benevolenza del destino, e uccidere e morire mi parevano cose estranee e letterarie. I miei giorni erano lieti e tristi, ma tutti li rimpiangevo, tutti erano densi e positivi; l'avvenire mi stava davanti come una grande ricchezza. Della mia vita di allora non mi resta oggi che quanto basta per soffrire la fame e il freddo; non sono più abbastanza vivo per sapermi sopprimere.

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sabato 18 maggio 2019

Oggi Giovanni Falcone avrebbe compiuto 80 anni.


Oggi Giovanni Falcone avrebbe compiuto 80 anni. Chissà come avrebbe commentato quest’Italia, chissà cosa avrebbe detto dei politici che urlano "la mafia mi fa schifo" ma poi nella pratica si appoggiano a personaggi vicini alla mafia, chissà cosa avrebbe detto dei vertici di Confindustria che benedicono come antimafioso un ambiguo imprenditore. Quanto manca la sua intelligenza! Falcone, eroe per tutti, ma ovviamente solo dopo morto. In vita veniva accusato di essere un furbetto carrierista, di tenere nei cassetti le informazioni dei pentiti sui politici; era definito "guitto televisivo", il "giudice abbronzato" che andava sui luoghi del delitto solo a favor di telecamera.
Come disse lui stesso, “in questo Paese per essere credibili bisogna essere ammazzati".


Roberto Saviano

I dieci versi dalle canzoni di Battiato da appuntarsi e non dimenticare

Il cantautore, morto ieri nella sua residenza di Milo, era nato a Jonia il 23 marzo del 1945. Ha spaziato tra una grande quantità di generi,...