sabato 1 settembre 2018

L'inconveniente di essere nati



* Le tre del mattino. Percepisco questo secondo, e poi quest'altro, faccio il bilancio di ogni minuto. Perchè tutto questo? Perchè sono nato. è da un tipo speciale di veglia che deriva la messa in discussione della nascita. * "Da quando sono al mondo" quel da quando mi pare gravato di un significato così spaventoso da diventare insostenibile. * Esiste una conoscenza che toglie peso e portata a quello che si fa - quello che si fa - e per la quale tutto è privo di fondamento tranne essa medesima. Pura al punto da aborrire perfino l'idea del soggetto, traduce quel sapere estremo secondo il quale fare o non fare un atto è la stessa cosa, e a cui si associa una soddisfazione altrettanto estrema: il poter ripetere, a ogni incontro, che nessuno dei gesti da noi compiuti merita la nostra
adesione, che niente è avvalorato da una qualche traccia di sostanza, che la "realtà" è dell'ordine dell'insensato. Una tale conoscenza meriterebbe di essere definita postuma: opera infatti come se chi
conosce fosse vivo e non vivo, essere e memoria di essere. "è già passato"dice costui di tutto ciò che compie, nell'istante stesso dell'atto, che viene così destituito per sempre di presente.

* Noi non corriamo verso la morte, fuggiamo la catastrofe della nascita, ci affanniamo, superstiti che cercano di dimenticarla. La paura della morte è solo la proiezione nel futuro di una paura che risale al nostro primo istante. Ci ripugna, certo, considerare la nascita un flagello: non ci è stato forse inculcato che era il bene supremo, che il peggio era posto alla fine e non all'inizio della nostra traiettoria? Il male, il vero male, è però dietro, non davanti a noi. è quanto è sfuggito al Cristo, è quanto ha invece colto il Buddha: "Se tre cose non esistessero al mondo, o discepoli, il Perfetto non apparirebbe nel mondo...". E, alla vecchiezza e alla morte, antepone il fatto di nascere, fonte di tutte le infermità e di tutti i disastri.

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