Prologo
Urbino, autunno 1812
Una nebbia impenetrabile rendeva difficile la vista dell’antico
convento situato sul Colle dei Cappuccini, il luogo dove erano diretti
gli agenti Angelo Zucchi e Giuseppe Santi, incaricati dal governo
francese di far luce su un inventario scomparso, un elenco di oggetti
preziosi appartenuti alla potente famiglia Albani. Si diceva fossero
stati occultati e per motivi oscuri sfuggiti alle requisizioni che
l’inflessibile ispettore Dorel stava conducendo per conto della
Commissione “pour la recherche des objects des Sciences et Artes en
Italie” istituita da Napoleone. In seguito alla soppressione degli
ordini religiosi, i francesi andavano depredando in modo sistematico e
meticoloso, chiese e monumenti della Legazione di Urbino.
L’unico che avrebbe saputo riferire qualcosa di concreto su quel cospicuo patrimonio inspiegabilmente scomparso era l’archivista del Legato Crescentino Fiorini, il quale si trovava in degenza nel ricovero riservato ai malati di mente, annesso all’antico convento.
_ E’ nella sua stanza_, rispose una energica e corpulenta infermiera alla richiesta dei commissari di poter interrogare il paziente.
Nell’attesa, si sedettero su una panca nell’atrio, uno stanzone squallido e maleodorante.
_Venga Crescentino, fate il bravo. Ci sono due signori venuti apposta per farvi visita.
Fiorini respirava affannato e si muoveva lentamente. Il volto era scarno, e dal cranio uscivano disordinati ciuffi di capelli grigi. Le labbra sottili erano serrate in una smorfia disgustata e gli occhietti cerulei, sembravano liquidi.
_ Siamo qui per conto del governo francese.
Con brutalità, l’agente Santi arrivò subito al dunque.
_ Cittadino Fiorini, vorremmo informazioni sul presunto tesoro degli Albani. Voi siete rimasta l’unica persona a sapere dove sia stato occultato.
L’interrogato li fissava, muto.
_ Se parlerete vi faremo uscire da questo posto e verrà affidato a cure migliori. E poi, volete davvero lasciare che quella fortuna vada in malora? _, continuò il commissario sempre più spazientito. Fiorini cominciò ad agitarsi e ad emettere strani versi gutturali.
_ Signori, è inutile che alziate la voce. Lo vedete voi stessi: quest'uomo non è più in sé!
L'infermiera fece per ricondurlo nel suo ricovero.
Gli agenti si scambiarono un’occhiata di delusione. Questa volta l’ispettore Dorel si sarebbe dovuto rassegnare e rinunciare al suo obiettivo.
Lasciato solo nella sua stanza, Crescentino, dalla grata della finestra osservava l’aureola pallida e luminescente della luna. Ripercorse un episodio della sua vita accaduto nel gennaio del 1798, forse l’unico della sua esistenza che ricordava ancora con tanta nitidezza.
Era una notte nebbiosa come quella, quando qualcuno bussò forte alla porta, svegliandolo di soprassalto. Come di consueto si era coricato subito dopo il tramonto. Aveva passato tutta la giornata nell’archivio dell’arcivescovado, dove leggeva, studiava, trascriveva con perizia antichi documenti manoscritti che riguardavano la storia del Ducato di Urbino. Continuava con caparbietà a chiamarlo così, nonostante la devoluzione allo Stato Pontificio fosse avvenuta da quasi due secoli.
In virtù di queste cognizioni e perché ritenuto una persona irreprensibile e precisa, fu invitato a far parte del Comitato economico ecclesiastico con l'incarico di redigere l’inventario dei beni mobili ed immobili di palazzi, chiese e conventi.
Si affacciò alla finestra che dava sul vicolo. Si palesò un inserviente.
_ Sua eminenza monsignor Arrigoni, vi ha convocato d’urgenza!
Diretto verso l’Arcivescovado sentiva l’umidità penetrare fino alle ossa. Sulle strade di acciottolato si erano formati strati di ghiaccio che rendevano difficoltoso il tragitto. Lo accolse un pretino. In tutta fretta lo condusse fino allo studio dove il Legato lo stava già aspettando.
_ Sedete, vi prego! _, intimò con tono deciso. _ Vogliate scusarmi se vi ho fatto alzare a quest’ora della notte, ma non c’è tempo da perdere. Dai nostri informatori abbiamo ricevuto l’agghiacciante notizia che il Comandante Treboutte si sta dirigendo verso Urbino seguito dalla sua orrida truppa, con l’intenzione di violare Palazzo Albani, quello che in passato fu la residenza del nostro amatissimo papa Clemente XI. Il suo proposito è quello di confiscare i beni preziosi appartenenti alla nobile casata. Come sapete, avendo voi stesso stilato l’inventario, sono compresi libri rari, quadri di grande valore artistico, arredi sacri, documenti riservati, pezzi di storia del glorioso Ducato, su cui quei senza-dio dei bonapartisti non possono e non devono mettere le loro sporche grinfie! Ho già predisposto di ricavare un ripostiglio nel cunicolo sotterraneo che da Palazzo Albani conduce al convento dei Francescani. Il vostro compito sarà quello di nascondervi gli oggetti e murare il vano, dopo aver bruciato i fogli dell’inventario, l’unica prova della loro esistenza. Ma vi prego, fate in fretta!
Crescentino, già ripercorreva mentalmente tutti gli oggetti.
_ Anche quel dipinto?
_ Sicuro! E’ un ritratto maledetto. Che se ne perda la memoria per sempre!
L’unico che avrebbe saputo riferire qualcosa di concreto su quel cospicuo patrimonio inspiegabilmente scomparso era l’archivista del Legato Crescentino Fiorini, il quale si trovava in degenza nel ricovero riservato ai malati di mente, annesso all’antico convento.
_ E’ nella sua stanza_, rispose una energica e corpulenta infermiera alla richiesta dei commissari di poter interrogare il paziente.
Nell’attesa, si sedettero su una panca nell’atrio, uno stanzone squallido e maleodorante.
_Venga Crescentino, fate il bravo. Ci sono due signori venuti apposta per farvi visita.
Fiorini respirava affannato e si muoveva lentamente. Il volto era scarno, e dal cranio uscivano disordinati ciuffi di capelli grigi. Le labbra sottili erano serrate in una smorfia disgustata e gli occhietti cerulei, sembravano liquidi.
_ Siamo qui per conto del governo francese.
Con brutalità, l’agente Santi arrivò subito al dunque.
_ Cittadino Fiorini, vorremmo informazioni sul presunto tesoro degli Albani. Voi siete rimasta l’unica persona a sapere dove sia stato occultato.
L’interrogato li fissava, muto.
_ Se parlerete vi faremo uscire da questo posto e verrà affidato a cure migliori. E poi, volete davvero lasciare che quella fortuna vada in malora? _, continuò il commissario sempre più spazientito. Fiorini cominciò ad agitarsi e ad emettere strani versi gutturali.
_ Signori, è inutile che alziate la voce. Lo vedete voi stessi: quest'uomo non è più in sé!
L'infermiera fece per ricondurlo nel suo ricovero.
Gli agenti si scambiarono un’occhiata di delusione. Questa volta l’ispettore Dorel si sarebbe dovuto rassegnare e rinunciare al suo obiettivo.
Lasciato solo nella sua stanza, Crescentino, dalla grata della finestra osservava l’aureola pallida e luminescente della luna. Ripercorse un episodio della sua vita accaduto nel gennaio del 1798, forse l’unico della sua esistenza che ricordava ancora con tanta nitidezza.
Era una notte nebbiosa come quella, quando qualcuno bussò forte alla porta, svegliandolo di soprassalto. Come di consueto si era coricato subito dopo il tramonto. Aveva passato tutta la giornata nell’archivio dell’arcivescovado, dove leggeva, studiava, trascriveva con perizia antichi documenti manoscritti che riguardavano la storia del Ducato di Urbino. Continuava con caparbietà a chiamarlo così, nonostante la devoluzione allo Stato Pontificio fosse avvenuta da quasi due secoli.
In virtù di queste cognizioni e perché ritenuto una persona irreprensibile e precisa, fu invitato a far parte del Comitato economico ecclesiastico con l'incarico di redigere l’inventario dei beni mobili ed immobili di palazzi, chiese e conventi.
Si affacciò alla finestra che dava sul vicolo. Si palesò un inserviente.
_ Sua eminenza monsignor Arrigoni, vi ha convocato d’urgenza!
Diretto verso l’Arcivescovado sentiva l’umidità penetrare fino alle ossa. Sulle strade di acciottolato si erano formati strati di ghiaccio che rendevano difficoltoso il tragitto. Lo accolse un pretino. In tutta fretta lo condusse fino allo studio dove il Legato lo stava già aspettando.
_ Sedete, vi prego! _, intimò con tono deciso. _ Vogliate scusarmi se vi ho fatto alzare a quest’ora della notte, ma non c’è tempo da perdere. Dai nostri informatori abbiamo ricevuto l’agghiacciante notizia che il Comandante Treboutte si sta dirigendo verso Urbino seguito dalla sua orrida truppa, con l’intenzione di violare Palazzo Albani, quello che in passato fu la residenza del nostro amatissimo papa Clemente XI. Il suo proposito è quello di confiscare i beni preziosi appartenenti alla nobile casata. Come sapete, avendo voi stesso stilato l’inventario, sono compresi libri rari, quadri di grande valore artistico, arredi sacri, documenti riservati, pezzi di storia del glorioso Ducato, su cui quei senza-dio dei bonapartisti non possono e non devono mettere le loro sporche grinfie! Ho già predisposto di ricavare un ripostiglio nel cunicolo sotterraneo che da Palazzo Albani conduce al convento dei Francescani. Il vostro compito sarà quello di nascondervi gli oggetti e murare il vano, dopo aver bruciato i fogli dell’inventario, l’unica prova della loro esistenza. Ma vi prego, fate in fretta!
Crescentino, già ripercorreva mentalmente tutti gli oggetti.
_ Anche quel dipinto?
_ Sicuro! E’ un ritratto maledetto. Che se ne perda la memoria per sempre!
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