"Marco si è sentito male domenica, mentre era con suo fratello e gli amici.
Un ragazzo gentile di 24 anni che parlava cinque lingue, impegnato come
volontario per tradurre le informazioni ai richiedenti asilo.
Si lamentava per i forti dolori all’addome. I crampi che provoca l’appendicite quando si infiamma.È corso in ospedale, dove lo hanno trattato con superficialità e dimesso senza fargli alcuna analisi. «Ma io sto malissimo, mi fa male la pancia!», ripeteva. Non gli hanno creduto.
Nelle ore successive i dolori aumentano. La sera, Marco non riesce più a
stare in piedi. Suo fratello e i suoi amici lo portano alla farmacia di
turno, quella di Piazza Garibaldi, a un passo dalla stazione centrale
di Napoli. Il farmacista si rifiuta di aprire la porta. Vede il ragazzo
contorcersi per il dolore. Lo pregano di chiamare un’ambulanza.
Attendono per più di un’ora, mentre Marco è riverso a terra, ma
l’ambulanza non arriva. I ragazzi corrono alla fermata dei taxi più
vicina, quella di Piazza Mancini. Per accompagnare Marco in ospedale
servono dieci euro per la corsa. «Eccoli!», dicono, ma il tassista si
rifiuta di caricarli. «Per piacere, sta malissimo!». Niente
da fare. I ragazzi sollevano Marco e lo scortano a un’altra farmacia.
Il farmacista osserva il ragazzo e gli suggerisce di acquistare farmaci
per quindici euro. Marco inghiotte i farmaci, torna a casa, vomita.
Suo fratello e i suoi amici tentano di nuovo di chiamare un’ambulanza,
invano. Si rivolgono a Mauro, che è medico. Telefona anche lui: «Non
possiamo mandare un’ambulanza per un ragazzo che vomita». «Ma sta male -
li supplica Mauro - è urgente!». Ricostruisce i fatti parlando al
telefono con i colleghi, spiega i sintomi. Marco rantola, ha quasi perso
conoscenza. «Niente ambulanza, dovete portarlo a farsi visitare alla
guardia medica. Nel caso, poi, l’ambulanza la chiamano loro». Sui
fratello e gli amici lo prendono in spalla, corrono disperati verso
Piazza Nazionale. Fermano una volante dei Carabinieri ma nemmeno quelli
vogliono caricare Marco in macchina. Si rimettono a correre.
Quando
arrivano a destinazione Marco non risponde più. I medici capiscono che
bisogna chiamare un’ambulanza e operarlo al più presto, ma il più presto
era prima.
Poco dopo l’arrivo in ospedale, Marco è morto.
È
morto perché non si chiamava Marco ma Ibrahim Manneh e veniva dalla
Costa D’Avorio, come l’abbiamo ribattezzata noi europei nel 1500, quando
abbiamo razziato tutti gli elefanti della zona portandoli
all’estinzione."
Francesca Fornario su Il Fatto Quotidiano, 11 luglio 2017
In memoria di tutti gli Ibrahim contro il razzismo crescente di coloro
che per squallidi ritorni elettorali giocano sulla pelle degli
immigrati, di coloro che vogliono erigere muri o blocchi navali, di
coloro che si scagliano contro chi cerca una vita migliore.
IO SONO IBRAHIM! PER NON DIMENTICARE, MAI!
Fonte
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lunedì 24 luglio 2017
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