domenica 22 marzo 2020

Se usciamo, non ne usciamo

Osservate l’immagine finché non ne avete abbastanza. Proverete del magone, una certa impressione e la vostra mente farà dei voli immensi, entrando nel vortice creato dal nulla, così infinito ed energico. Ma tutto finirà, perché un attimo dopo aver pensato che potreste ritrovarvi voi su quelle camionette dell’esercito, oppure i vostri cari, amici, conoscenti, la vostra priorità sarà protestare, contravvenire al DPCM e alle ordinanze regionali, perché convinti che ci stanno privando della nostra libertà di fare jogging e le lunghe camminate senza meta, con la scusa del cane e dei suoi bisogni fisiologici, perché a casa vi annoiate.

Le vostre anime urleranno dal dolore, certamente, se non prima del flash mob programmato, a cadenza settimanale, come se fosse la scaletta del Festival di Sanremo, per dare sfoggio della totale ipocrisia affettiva che avete in serbo per i vostri vicini di casa, prima della prossima riunione di condominio. E intanto, mentre cantate l’Inno di Mameli, un po’ perché convinti e in altra parte spinti dalla voglia di rendere pubblica la vostra partecipazione a delle manifestazioni del genere, giusto per dire “sì, questa sarà la mia storia su Instagram, ora lo pubblico anche su Facebook”, le salme dei malati di Coronavirus lasciano Bergamo per raggiungere Modena e zone limitrofe. È uno degli effetti collaterali di questa pandemica emergenza: stanno terminando i posti nei cimiteri lombardi, nella città bergamasca è tutto esaurito.

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venerdì 20 marzo 2020

L’ultima commovente lettera di Li Wen Liang, il giovane medico di Wuhan che per prima ha scoperto il coronavirus e che è morto curando i suoi pazienti: “Non voglio essere un eroe, ma solo un medico”

Tutta la Cina si è commossa alla morte del dottor Li Wen Liang il medico (secondo molti di fede Cristiana) che per primo scoprì il coronavirus. Venne per questo perseguitato dalle autorità. Fu perseguitato per aver lanciato l’allarme sui pericoli che incombevano sul paese.
Come è noto, nel dicembre del 2019 era stato perfino arrestato. Rilasciato si era sempre preso cura dei pazienti fino a quando anche lui non è stato infettato. Li Wen Liang è morto la mattina presto del 7 febbraio, alle ore 2:58, lasciando una moglie, anch’essa infettata dal coronavirus (oltre che incinta di 8 mesi del loro secondo figlio).
Prima di morire il dottor Li Wen Liang ha lasciato uno scritto nel quale, in modo profondamente toccante, ha detto come gli sarebbe mancata la sua famiglia, la sua amata Wuhan, ed ha citato un passo biblico che dice: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione”.
Nato a Beizhen, il 12 ottobre 1986, morto a Wuhan il 7 febbraio 2020, questo medico oculista dell’ospedale centrale di Wuhan, fu uno dei primi medici a riconoscere la pericolosità della polmonite di Wuhan, lanciando l’allarme sul coronavirus il 30 dicembre 2019.
Il 3 gennaio 2020, la polizia di Wuhan lo ha convocato ammonendolo per “aver detto commenti falsi su Internet”.

Subito dopo il governo cinese si è accorto dell’errore e il dottor Li Wen Liang era tornato al lavoro in ospedale ma ha contratto il coronavirus da un paziente infetto, contagio che lo ha portato alla morte.
Dopo il suo decesso, il governo cinese ha dichiarato di aver aperto un’inchiesta sull’accaduto e intanto Li Wen Liang è diventato un eroe nazionale.
Li Wen Liang ha offerto un’eredità che lascerà sempre un segno nel cuore del popolo cinese. Si è preso cura dei pazienti e ha cercato di fermare la diffusione del coronavirus sapendo che molto probabilmente sarebbe stato infettato.
Il dottor Li Wen ha scelto di donare la sua vita per cercare di salvare quella di altri.
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giovedì 12 marzo 2020

Decalogo contro la paura

Il poeta, scrittore e documentarista Franco Armino propone un decalogo per non soccombere all'ansia da Coronavirus. Il virus della globalizzazione è una lezione di umiltà per tutti, se il mondo vorrà apprenderla ne uscirà migliore, è il suo suggerimento. Se invece inizia la caccia all'untore rivivremo le angosce della peste manzoniana

1. Le passioni, quelle intime e quelle civili, aumentano le difese immunitarie. Essere entusiasti per qualcuno o per qualcosa ci difende da molte malattie.
2. Leggere un libro piuttosto che andare al centro commerciale.
3. Fare l’amore piuttosto che andare in pizzeria.
4. Camminare in campagna o in paesi quasi vuoti.
5. Capire che noi siamo immersi nell’universo e che non potremmo vivere senza le piante mentre le piante resterebbero al mondo anche senza di noi. Stare un poco di tempo lontani dai luoghi affollati può essere un’occasione per ritrovare un rapporto con la natura, a partire da quella che è in noi.
6. Viaggiare nei dintorni. Il turismo è una peste molto più grande del coronavirus. È assurdo inquinare il pianeta coi voli aerei solo per il fatto che non sappiamo più stare fermi.
7. Sapere che la vita commerciale non è l’unica vita possibile, esiste anche la vita lirica. La crisi economica è grave, ma assai meno della crisi teologica: perdere un’azienda è meno grave che perdere il senso del sacro.
8. La vita è pericolosa, sarà sempre pericolosa, ognuno di noi può morire per un motivo qualsiasi nei prossimi dieci minuti, non esiste nessuna possibilità di non morire.
9. Lavarsi le mani molto spesso, informarsi ma senza esagerare. Sapere che abbiamo anche una brama di paura e subito si trova qualcuno che ce la vende. La nostra vocazione al consumo ora ci rende consumatori di paura. C’è il rischio che il panico diventi una forma di intrattenimento.
10. Stare zitti ogni tanto, guardare più che parlare. Sapere che la cura prima che dalla medicina viene dalla forma che diamo alla nostra vita. Per sfuggire alla dittatura dell’epoca e ai suoi mali bisogna essere attenti, rapidi e leggeri, esatti e plurali.

Fonte








Francesca Morelli: ecco cosa ci sta spiegando il virus

La riflessione della psicologa: “Fermi, a casa, giorni e giorni. A fare i conti con un tempo di cui abbiamo perso il valore, se non è misurabile in compenso, in denaro. Sappiamo ancora cosa farcene? Smettiamo di fare la caccia alle streghe, di domandarci di chi è la colpa o perché è accaduto tutto questo, ma ci domandiamo cosa possiamo imparare da questo. Per esempio...

“Credo che il cosmo abbia il suo modo di riequilibrare le cose e le sue leggi, quando queste vengono stravolte.
Il momento che stiamo vivendo, pieno di anomalie e paradossi, fa pensare...
In una fase in cui il cambiamento climatico causato dai disastri ambientali è arrivato a livelli preoccupanti, la Cina in primis e tanti paesi a seguire, sono costretti al blocco; l'economia collassa, ma l'inquinamento scende in maniera considerevole. L'aria migliora; si usa la mascherina, ma si respira...

In un momento storico in cui certe ideologie e politiche discriminatorie, con forti richiami ad un passato meschino, si stanno riattivando in tutto il mondo, arriva un virus che ci fa sperimentare che, in un attimo, possiamo diventare i discriminati, i segregati, quelli bloccati alla frontiera, quelli che portano le malattie. Anche se non ne abbiamo colpa. Anche se siamo bianchi, occidentali e viaggiamo in business class.

In una società fondata sulla produttività e sul consumo, in cui tutti corriamo 14 ore al giorno dietro a non si sa bene cosa, senza sabati nè domeniche, senza più rossi del calendario, da un momento all'altro, arriva lo stop.
Fermi, a casa, giorni e giorni. A fare i conti con  un tempo di cui abbiamo perso il valore, se non è misurabile in compenso, in denaro.
Sappiamo ancora cosa farcene? 

In una fase in cui la crescita dei propri figli è, per forza di cose, delegata spesso a figure ed istituzioni altre, il virus chiude le scuole e costringe a trovare soluzioni alternative, a rimettere insieme mamme e papà con i propri bimbi. Ci costringe a rifare famiglia.

In una dimensione in cui le relazioni, la comunicazione, la socialità sono giocate prevalentemente nel "non-spazio" del virtuale, del social network, dandoci l'illusione della vicinanza, il virus ci toglie quella vera di vicinanza, quella reale: che nessuno si tocchi, niente baci, niente abbracci, a distanza, nel freddo del non-contatto.
Quanto abbiamo dato per scontato questi gesti ed il loro significato?

In una fase sociale in cui pensare al proprio orto è diventata la regola, il virus ci manda un messaggio chiaro: l'unico modo per uscirne è la reciprocità, il senso di appartenenza, la comunita, il sentire di essere parte di qualcosa di più grande di cui prendersi cura e che si può prendere cura di noi. La responsabilità condivisa, il sentire che dalle tue azioni dipendono le sorti non solo tue, ma di tutti quelli che ti circondano. E che tu dipendi da loro.

Allora, se smettiamo di fare la caccia alle streghe, di domandarci di chi è la colpa o perché è accaduto tutto questo, ma ci domandiamo cosa possiamo imparare da questo, credo che abbiamo tutti molto su cui riflettere ed impegnarci.
Perchè col cosmo e le sue leggi, evidentemente, siamo in debito spinto. 
Ce lo sta spiegando il virus, a caro prezzo."

Francesca Morelli

martedì 3 marzo 2020

Se potrò impedire a un cuore di spezzarsi


Se potrò impedire a un Cuore di spezzarsi
Non avrò vissuto invano
Se potrò alleviare il Dolore di una Vita
O lenire una Pena
O aiutare un Pettirosso caduto
A rientrare nel suo nido
Non avrò vissuto invano.




Nessun vascello c’è che, come un libro, possa portarci in contrade lontane.



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I dieci versi dalle canzoni di Battiato da appuntarsi e non dimenticare

Il cantautore, morto ieri nella sua residenza di Milo, era nato a Jonia il 23 marzo del 1945. Ha spaziato tra una grande quantità di generi,...