Lo sprinter aussie, argento nei 200 ai Giochi di Messico 1968, pagò a caro prezzo l'appoggio ai due colleghi sul podio che protestarono per la difesa dei diritti umani. Oscurato in Patria, escluso dai Giochi successivi, ora il Comitato Olimpico australiano gli ha assegnato postumo l’Ordine al Merito, massima onoreficienza sportiva
Tante storie di sport andrebbero insegnate a scuola. Certamente quella di Peter Norman, australiano, medaglia d’argento dei 200 metri alle Olimpiadi di Messico 1968, testimone non neutrale della più grande protesta della storia olimpica, quella dei pugni guantati di nero alzati da Tommie Smith e John Carlos per denunciare il razzismo imperante nel loro Paese, gli Stati Uniti d’America. Quest’uomo fu il contrario del facile alibi con cui a volte liquidiamo un’ingiustizia che avviene sotto i nostri occhi: “E io che c’entro?”. Peter Norman non lo disse mai. Era bianco, eppure sentì quella denuncia di Smith e Carlos come sua. Così indossò sulla tuta una coccarda, dove c’era scritto: “Olympic Project for Human Rights”. Progetto olimpico per la difesa dei diritti umani. La stessa associazione che aveva promosso la clamorosa protesta di Smith e Carlos, costata ai due atleti neri l’espulsione dal Villaggio Olimpico e una persecutoria e aggressiva discriminazione che durò decenni.
FINALMENTE — La punizione per Norman fu decretata a scoppio ritardato. Quella forma di solidarietà fu aspramente criticata in patria. Quattro anni dopo non fu convocato per Monaco 1972 nonostante avesse ottenuto i minimi per poter difendere il suo argento olimpico. Anche se le autorità sportive australiane continuano a dare la colpa di quell’assenza a un infortunio. Fatto sta che sei anni fa fu addirittura il Parlamento australiano a chiedere scusa a Norman “per il trattamento da lui ricevuto al suo ritorno in Australia”. E oggi, finalmente, anche il comitato olimpico aussie ha deciso di fare un passo importante, cinquant’anni dopo, per riconoscere il suo coraggio: concedere alla memoria di Peter Norman, morto nel 2006, l’Ordine al Merito, la più alta onorificenza olimpica australiana. Mentre a Melbourne c’è un movimento che lotta per poter costruire un monumento alla memoria del velocista, tuttora recordman australiano con il suo 20”06 di Messico, anche monito contro i nuovi e vecchi razzismi in tutto il mondo.
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