In
un blog dedicato ai viaggiatori e spesso ad un particolare rispetto per
le altre culture, mi si permetta un ritratto e un ricordo molto
personale di un viaggiatore, esploratore, uomo che rappresentano per me,
e spero non solo per me, un esempio e una guida insostituibili. Walter
Bonatti è probabilmente il più grande alpinista ed esploratore italiano
dell’ultimo secolo, e ancor di più uno degli uomini più integri che
abbiamo mai avuto la fortuna di avere, e forse anche uno di quelli
maggiormente e ingiustamente avversati dalla sua stessa patria, così
spesso ingrata nei confronti dei suoi figli più illustri e meritevoli.
Se ne è andato nel settembre del 2011, in modo inaspettato nonostante i
suoi 81 anni (tumore fulminante al pancreas), inaspettato perché
nonostante l’età godeva ancora di una forma smagliante, quasi
sovrannaturale. Personalmente all’epoca ho letteralmente “bucato” la
notizia, perché in quei giorni ero in viaggio negli U.S.A. (viaggio
assai esplorativo, tanto per restare in tema), e anche dopo averlo
saputo, perso l’attimo “caldo” dell’avvenimento, ho dovuto lasciare
passare del tempo prima di ricominciare a ricordalo, a scrivenre, a
ragionarci su. Ho
scoperto quindi poi, quasi a ricercare le poche notizie sparse ancora
sulla rete, la natura della malattia, e la decisione tragica e sublime
della sua compagna degli ultimi trent’anni, Rossana Podestà, di tenerla
nascosta soprattutto a lui, per il timore che la sua vitalità, di fronte
alla chiusura certa e rapidissima che lo attendeva, lo portasse ad un
gesto estremo, uno di quei gesti sempre estremi ma sempre lucidissimi
che avevano caratterizzato la sua intera vita.
E anche, come ulteriore corollario quasi grottesco in una vita continuamente costellata dalle avversità ingiuste e insensate, l’allontanamento della stessa Podestà, compagna di trent’anni, dal suo letto di morte nelle ultime ore, con la motivazione di non essere “unita in matrimonio” con lui. Ennesima dimostrazione di disprezzo e disumanità di un paese incapace di dare anche il minimo dovuto, figuriamoci restituire un minimo di quanto invece è stato a lui donato, dai suoi uomini migliori. Sappiamo però che né queste cose, né altre ancora peggiori, avrebbero in quella occasione, come non hanno mai, intaccato la volontà, la visione del mondo e la posizione di Walter sul pianeta che lo ospitava. Già, perché nulla si potrebbe dire di più di quest’uomo se non che era, ed era sempre stato, un abitante del pianeta Terra, al di fuori di qualsiasi confine di nazione, di stato, di continente, di razza e di popolo. Impossibile ricordare anche solo in parte tutti i motivi che ne fanno una delle figure più straordinarie della nostra intera storia nazionale. Un modo di vivere, raccontare, esprimere con i fatti e trasmettere agli altri la montagna che è sempre stato un riferimento assolutamente irrinunciabile per chiunque, tanto che io, nel mio piccolissimo, trovandomi a dover raccontare le montagne nel mio libro, inevitabilmente ho dovuto rifarmi a lui, citarlo, e per un racconto davvero serio fermarmi e rimandare direttamente ai suoi scritti. Alpinista prima, fra i più grandi in assoluto, riconosciuto da tutto il mondo (e da noi sempre un po’ meno, ovviamente). Radicale e risoluto nella scelta di abbandonare l’alpinismo nel momento in cui stava diventando troppo “competizione e gara fra uomini” e sempre meno “confronto dell’uomo con la montagna”.
E anche, come ulteriore corollario quasi grottesco in una vita continuamente costellata dalle avversità ingiuste e insensate, l’allontanamento della stessa Podestà, compagna di trent’anni, dal suo letto di morte nelle ultime ore, con la motivazione di non essere “unita in matrimonio” con lui. Ennesima dimostrazione di disprezzo e disumanità di un paese incapace di dare anche il minimo dovuto, figuriamoci restituire un minimo di quanto invece è stato a lui donato, dai suoi uomini migliori. Sappiamo però che né queste cose, né altre ancora peggiori, avrebbero in quella occasione, come non hanno mai, intaccato la volontà, la visione del mondo e la posizione di Walter sul pianeta che lo ospitava. Già, perché nulla si potrebbe dire di più di quest’uomo se non che era, ed era sempre stato, un abitante del pianeta Terra, al di fuori di qualsiasi confine di nazione, di stato, di continente, di razza e di popolo. Impossibile ricordare anche solo in parte tutti i motivi che ne fanno una delle figure più straordinarie della nostra intera storia nazionale. Un modo di vivere, raccontare, esprimere con i fatti e trasmettere agli altri la montagna che è sempre stato un riferimento assolutamente irrinunciabile per chiunque, tanto che io, nel mio piccolissimo, trovandomi a dover raccontare le montagne nel mio libro, inevitabilmente ho dovuto rifarmi a lui, citarlo, e per un racconto davvero serio fermarmi e rimandare direttamente ai suoi scritti. Alpinista prima, fra i più grandi in assoluto, riconosciuto da tutto il mondo (e da noi sempre un po’ meno, ovviamente). Radicale e risoluto nella scelta di abbandonare l’alpinismo nel momento in cui stava diventando troppo “competizione e gara fra uomini” e sempre meno “confronto dell’uomo con la montagna”.
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