domenica 25 febbraio 2018

La finestra del pittore

Dipingeva da solo. Non poteva esserci gente in casa attorno. Dipingeva la domenica pomeriggio e la sera dopo cena. Tutte le sere della settimana per tutti gli anni a venire. 
Voleva essere solo. Non poteva esserci rumore intorno. Si metteva all'opera subito dopo aver portato i bambini a dormire. 

Li accompagnava in camera da letto, gli faceva recitare le preghiere della sera, aspettava che il più piccolo si mettesse sotto le coperte e che gli dicesse di spegnere la luce e poi tornava in soggiorno che adesso diventava il suo atelier. 
Cercava una luce buona e poi dava spazio ai colori. Ai suoi pennelli, alle sue spatole, alle sue tele e alle sue tavolozze.  

Dipingeva come Hemingway scriveva. Cercava di essere oggettivo con la sua arte e dipingeva quello che vedeva anche se le facce e i volti dei suoi personaggi potevano essere chiunque. 

Per lui dovevano soltanto suscitare emozioni. 

Le case e le montagne erano quelle familiari, precise e immortali e segnate dal tempo. Come erano familiari e immortali nella loro vividezza gli animali che ogni tanto finivano nelle sue tele e nei suoi disegni. 

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