Dipingeva
da solo. Non poteva esserci gente in casa attorno. Dipingeva la
domenica pomeriggio e la sera dopo cena. Tutte le sere della settimana
per tutti gli anni a venire.
Voleva essere solo. Non poteva esserci rumore intorno.
Si metteva all'opera subito dopo aver portato i bambini a dormire.
Li
accompagnava in camera da letto, gli faceva recitare le preghiere della
sera, aspettava che il più piccolo si mettesse sotto le coperte e che
gli dicesse di spegnere la luce e poi tornava in soggiorno che adesso
diventava il suo atelier.
Cercava una luce buona e poi dava spazio ai colori. Ai suoi pennelli, alle sue spatole, alle sue tele e alle sue tavolozze.
Dipingeva
come Hemingway scriveva. Cercava di essere oggettivo con la sua arte e
dipingeva quello che vedeva anche se le facce e i volti dei suoi
personaggi potevano essere chiunque.
Per lui dovevano soltanto suscitare emozioni.
Le
case e le montagne erano quelle familiari, precise e immortali e
segnate dal tempo. Come erano familiari e immortali nella loro vividezza
gli animali che ogni tanto finivano nelle sue tele e nei suoi disegni.
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