mercoledì 27 gennaio 2021

Il diario ritrovato della piccola Bruna Cases, scappata in Svizzera per salvarsi dai lager

La voce di una bambina ebrea di Milano, fuggita con la famiglia per salvarsi la vita nel 1943, nelle pagine del suo diario svizzero


«Prendevo appunti dove capitava. Foglietti, biglietti, i bordi di un foglio di giornale. Scappavamo e io non volevo dimenticarmi niente. Mi segnavo i particolari, le cose che mi succedevano intorno, i nomi delle persone. Adoravo scrivere. A scuola l’italiano era la mia materia preferita. Finché i fascisti non chiusero la scuola ebraica di Milano e io, come tanti altri bambini, fui costretta a smettere di studiare. Sfollammo a Parma, poi riuscimmo a fuggire in Svizzera. Papà ci precedette con la nonna. Io, mamma e le mie sorelle li raggiungemmo dopo. Se chiudo gli occhi mi sembra ancora di vedere quel filo spinato che separava l’Italia dalla salvezza». Ha la voce ferma Bruna Cases. Classe 1934. Aveva nove anni quando con la famiglia riuscì a lasciare l’Italia grazie ad alcuni «contrabbandieri», come li chiamava allora e come li definisce tuttora. Gli uomini che per un po’ di denaro traghettarono lei e tanti altri oltreconfine. Una volta in salvo, la piccola trasformò quei bigliettini in un diario di fuga. Poche pagine che oggi sono custodite nell’Archivio della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano.

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