Il bandito Salvatore Giuliano e i suoi complici spararono sui lavoratori siciliani riuniti per celebrare la Festa del Lavoro, che era stata spostata dal regime fascista al 21 aprile. Caduto il segreto di Stato rimane la difficoltà di accedere agli atti che nascondono una verità che nonostante venga commemorata non è ancora stata raccontata
Nella foto, Ansa, Serafino Pecca, l’ultimo dei sopravvissuti |
Un nome primaverile che evoca un giorno di morte. Ricorrono oggi i
settanta anni dalla strage di Portella della Ginestra, in Sicilia. Il
Primo maggio 1947 una folla di lavoratori, donne, bambini e anziani fu
bersagliata dalle raffiche di mitra della banda di Salvatore Giuliano,
mentre ascoltava il discorso di alcuni dirigenti del Pci in occasione
della Festa dei lavoratori. La prima che si tornava a festeggiare in
quella data, dopo essere stata spostata dal regime fascista al 21 aprile
(il «Natale di Roma»). Furono undici le persone uccise (a cui
aggiungiamo le morti avvenute successivamente), più di sessanta i
feriti. Una strage ancora senza mandanti (qui la prefazione di Ferruccio de Bortoli alla
riedizione del libro di Tommaso Besozzi «La vera storia del bandito
Giuliano»): nell’area tra i comuni di Piana degli Albanesi, San Giuseppe
Jato e San Cipirello in molti si erano ritrovati anche per la vittoria
elettorale del «Blocco del Popolo» (l’alleanza tra socialisti e
comunisti) alle elezioni regionali del 20 aprile (qui il racconto di Egisto Corradi dall’Archivio del Corriere).
Grasso: «Arrivare alla verità»
Qui si sono svolte oggi le celebrazioni a livello nazionale della Festa del Primo maggio, alla presenza dei segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo. Alle 8 il ritrovo alla Casa del popolo, poi deposizione di una corona di fiori al cimitero in memoria dei caduti e corteo nelle strade della cittadina e sul luogo dell’eccidio. Un anniversario per il quale si è speso in prima persona anche il presidente del Senato, Pietro Grasso, chiedendo di rendere pubblici i documenti ancora non accessibili e accertare i mandanti di una strage che ha segnato la stagione delle lotte per la terra e, più in generale, la crisi politica, sociale e dell’ordine pubblico del dopoguerra.Le parole dell’ultimo sopravvissuto
«Ci
eravamo dati appuntamento per festeggiare il Primo maggio ma anche
l’avanzata della sinistra all’ultima tornata elettorale e per
manifestare contro il latifondismo. Non era neanche arrivato l’oratore
quando sentimmo degli spari», racconta settant’anni dopo ancora commosso
Serafino Petta, l’ultimo sopravvissuto alla strage. «Avevo 16 anni,
pensavo che fossero i petardi della festa, ma alla seconda raffica ho
capito.
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