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martedì 21 marzo 2017
Il ricordo di Marcello Palmisano
Una strada polverosa, un sole accecante, un gruppetto di bambini somali che scandiscono sorridenti “Mar-cel-lo, Mar-cel-lo”. Sono alcuni dei fotogrammi ripresi dalla telecamera di mio padre Marcello in Somalia, terra d’oriente nel meridione del mondo, dove il nove Febbraio di ventidue anni fa è stato ucciso. Mio padre era un giornalista telecineoperatore del Tg2 e con la sua telecamera ha catturato alcuni dei momenti più importanti della fine del secolo scorso: lo sbarco degli albanesi a Bari nel ’91, la caduta del Muro di Berlino, l’invasione sovietica in Afghanistan.
In famiglia si aspettava sempre con curiosità la messa in onda dei servizi: papà tornava con regali fatti d’immagini, suoni e storie di paesi lontani e popoli sconosciuti. C’era qualcosa di epico nei suoi racconti. Per ogni viaggio, c’era sempre una storia dal sapore fiabesco.
Da quell’ultimo viaggio, però, non ebbe tempo di riportare nulla.
Arrivato a Mogadiscio per seguire il ritiro delle forze dell’ONU dalla capitale, rimane vittima di un agguato poco fuori dall’aeroporto. L’ipotesi tuttora più accreditata è lo scambio di persona in una guerra per il controllo dell’export di banane verso l’Europa: lo stesso giorno era previsto l’arrivo a Mogadiscio di un occidentale coinvolto in una delle due fazioni in lotta. Si, perché a Mogadiscio per le banane si spara, nell’ignoranza del consumatore occidentale.
Spente le momentanee luci mediatiche, la Somalia finisce presto nel dimenticatoio e mio padre ne diventa l’apolide della memoria: pur sopravvivendo il ricordo, muore la “ragione”.
La “ragione”: presupposto irrinunciabile per avere giustizia. La giustizia però, dall’aggettivo latino “iustus”, è pertinenza dell’essere. Essere giusti significa capire il contesto in cui ventidue anni fa Marcello Palmisano ha perso la vita. Significa riflettere sul lato violento, rapace e aggressivo del sistema economico di cui l’umanità si è dotata.
Significa raccontare che dietro un apparentemente innocuo frutto esotico potrebbe esserci la brutale spietatezza di capitale estratto in modo criminale.
Cerchiamo di essere giusti dunque: raccontiamo cosa è successo, affinché nessuno dei nostri cari sia caduto invano e nella speranza che qualche coscienza si risvegli.
Davide Palmisano
figlio di Marcello
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